Roma - I fatti, voglio i fatti. Basta con le chiacchiere, le polemicuzze e le manovrine, Giorgio Napolitano è stufo della «mancanza di senso di responsabilità» di tutti i partiti e prima di suonare la campanella ora pretende cose concrete. Volete l'election day? Allora aggiustate il Porcellum. Volete votare a marzo? Allora prima approvate la legge di stabilità e il bilancio di fine anno. Volete accorpare regionali e politiche? E allora smettetela di darmi l'assillo, perché le decisioni sul rinnovo delle Camere «sono una prerogativa esclusiva del presidente della Repubblica. Piuttosto, se davvero volete l'anticipo, mettevi a lavorare per «creare le condizioni».
A febbraio c'è la neve, ad aprile c'è l'ingorgo istituzionale. Dunque è marzo il mese giusto, ma solo nella prima metà perché alla fine c'è la Pasqua. Il capo dello Stato così cerchia il 10, «data appropriata» per le regionali di Lazio, Lombardia e Molise. Lo sarebbe, lo è, anche per le politiche. Infatti, spiega, per «una costruttiva conclusione della legislatura» il buonsenso «sconsiglia un affannoso succedersi di prove elettorali». Ma lo stesso buonsenso suggerisce di spremere il limone fino in fondo, cioè «di portare avanti la concreta attuazione degli indirizzi e dei provvedimenti del governo» necessari per mettere il Paese al sicuro. Legge di stabilità e bilancio, alle quali si può aggiungere l'importante vertice europeo di dicembre.
«Adempimenti prioritari e ineludibili», li definisce Napolitano al termine del lungo vertice con Monti, Schifani e Fini. Il presidente li considera obbligatori, li dà per scontati. Ma quello che gli preme è la riforma elettorale. Solo dopo questo passaggio, solo una volta portato a casa il risultato, formalizzerà la scelta del 10 marzo, scioglierà il Parlamento e forse si dimetterà con qualche giorno di anticipo per evitare l'ingorgo: il capo dello Stato che inizia le consultazioni dove essere lo stesso che battezza il nuovo governo. E poi non sarebbe molto corretto che un presidente uscente condizionasse la legislatura successiva dando un incarico «sulla porta» del Quirinale.
Se la legge di stabilità è «ineludibile», la riforma del Porcellum è «auspicabile». In realtà questo è il punto chiave, lo snodo dell'intera partita. Napolitano dice al Prof e ai due presidenti della Camere di voler seguire le indicazioni della Consulta, che ha giudicato eccessivo l'attuale premio di maggioranza, e soprattutto di voler ascoltare «le aspettative dei cittadini», che pretendono giustamente di essere «effettivamente coinvolti» nella scelta degli eletti in Parlamento. Servono perciò «regole soddisfacenti» per la competizione politica e «garanzie per la stabilità dei governi». Il presidente è preoccupato «per la serietà dei problemi italiani» e per «il clima di disagio sociale». La pentola bolle, non si può più scherzare.
Sì dunque all'election day, ma se qualcuno pensava che dal vertice uscisse una data precisa, ha sbagliato i suoi conti perché c'è pur sempre un governo ancora in carica, che continua a incassare voti di fiducia in Parlamento. La mossa di Napolitano dovrebbe servire a depotenziare l'offensiva del Pdl e a tenere il vita il gabinetto dei tecnici, che, a un anno esatto dal via, nelle ultime ore ha traballato assai. E adesso il presidente può usare la data del voto come una forte di arma di pressione sui partiti, più forte anche di un messaggio formale alle Camere.
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