RomaLa partita a poker su riforma del Senato e Italicum continua. Nonostante i riflettori siano puntati sul tribunale di sorveglianza di Milano, l'input che arriva da Arcore è di non mollare il tavolo della trattativa. Al quale sono seduti principalmente Verdini per Forza Italia e Boschi per il Pd. Ma anche l'azzurro Donato Bruno e i piddini Finochiaro e Zanda. Forza Italia continua a chiedere che la legge elettorale, approvata in fretta e furia alla Camera, venga vidimata subito anche dal Senato. Ma qui è il Pd ad avere maggiori problemi. Difficilmente, poi, verrebbe approvata esattamente come uscita da Montecitorio. Cosa potrebbe cambiare? Di certo ci sarà battaglia sulla parità di genere, alias quote rosa, e non è detto che si possano rivedere pure le soglie di sbarramento. Blindatissama quella del 4,5% per i singoli partiti coalizzati, potrebbe venir ritoccata la ribasso quella del 12% per l'intera coalizione. Intoccabile pure l'asticella per ottenere il premio di maggioranza, fissata al 37%, e i collegi plurimi. Sui tempi nessuno scommette che Forza Italia avrà partita vinta: posto che Palazzo Madama farà qualche modifica, l'Italicum dovrà poi tornare alla Camera per l'approvazione definitiva. Ergo, la nuova legge potrebbe essere promulgata non prima di settembre.
Il tutto va però inserito nella partita più ampia che riguarda la riforma del Senato. Anche su questo fronte si tratta sulla bozza Boschi, ora oggetto di frenetiche trattative. Su quattro paletti Renzi non transige: niente elezione, niente voto di fiducia al governo, niente voto alla legge di bilancio e niente indennità per i neo senatori. Su tutto il resto, invece, si discute. Nel mazzo Renzi ha inserito delle carte che potrebbero servire da «scarto», vale a dire questioni che verranno vendute come «ampie concessioni» alla controparte. Due su tutte: la nomina da parte del capo dello Stato di 21 senatori e pure la rappresentanza paritaria per cui la Valle d'Aosta manderebbe a palazzo Madama lo stesso numero di senatori della Lombardia o del Piemonte.
In ogni caso Berlusconi intende rimanere al tavolo da gioco e dirà la sua, a prescindere dalla decisione dei giudici di Milano. Al partito lo confermano un po' tutti. Deborah Bergamini giura: «Il nostro atteggiamento politico verso il governo è stato e resta improntato alla collaborazione all'interno di un perimetro chiaro». E pure Francesco Sisto conferma: «L'agibilità politica di Berlusconi e le riforme sono due cose diverse. Noi le riforme le vogliamo; ma questo non significa che siamo pronti a prendere tutto quello che dice il Pd e a ratificarlo passivamente».
Avanti tutta, quindi, con un atteggiamento responsabile.
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