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Riforme, la strada è in salita. Il Pdl: ora il presidenzialismo

Convegno bipartisan al Senato. Gasparri: "Diamo il voto diretto agli italiani". Ma la sinistra rimane ostile al cambiamento

Riforme, la strada è in salita. Il Pdl: ora il presidenzialismo

«Prossima fermata: presidenzialismo». Il titolo del convegno che Maurizio Gasparri organizza al Senato somiglia più a un atto di fede che a una fotografia del dibattito. Il treno della grande riforma istituzionale procede non certo a ritmo spedito, e risulta difficile prevedere se la rete elettrica dei due poli politici riuscirà davvero ad alimentarlo fino alla stazione di arrivo. La volontà del centrodestra di tentare fino in fondo quella grande restituzione di sovranità popolare che il presidenzialismo comporta resiste. Ma le obiezioni della sinistra, che da sempre vede nell'elezione diretta una sorta di eresia para-monarchica, non sembrano superate.

«Il presidenzialismo non è monopolio di una parte e lo stesso Napolitano ha ammesso che il suo ruolo è cresciuto nella prassi di questi mesi. Così come bisogna dire che le elezioni del capo dello Stato hanno rappresentato un vero e proprio spot per l'elezione diretta, tra le quirinarie di Grillo e l'influenza di Twitter sul Pd» fa notare Gasparri. «Quindi» conclude «abbandoniamo questi metodi virtuali e facciamo votare gli italiani». Luciano Violante, che fa parte dei saggi, getta però acqua sul fuoco: «Certamente il presidenzialismo evoca comando politico». Tuttavia non può prescindere da almeno una decina di leggi di sostegno. «Siamo in grado di farlo?». Non è forse meglio «un premierato forte, con la Camera che dà la fiducia al solo presidente del Consiglio, che magari dispone del potere di scioglimento, e ha il diritto di ottenere tempi certi per l'approvazione dei provvedimenti?». Renato Schifani mette l'accento «sull'esigenza di stabilità» e sulla maturazione di un sistema che ha smesso di considerare «la seconda parte della Costituzione un totem immodificabile». Chi instilla il dubbio e un po' di polemica è Raffele Fitto.

«Perché il testo non tocca il Titolo IV e VI, ovvero magistratura e Corte Costituzionale? Non si vogliono toccare i fili scoperti? Oppure questa è la dimostrazione che non c'è volontà di procedere a una riforma presidenziale?». Un tema che indirettamente riprende Gaetano Quagliariello. «I governi in Italia sono saltati sul tema della giustizia e questo governo o il tema lo tocca o non si potrà meravigliare se gli toccherà la stessa sorte».

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