IL RITORNO La sfida del Cavaliere

nostro inviato a Bari

La chiave per capire il clima che si stabilisce fra il palco e la platea del teatro della Msc Divina è il racconto di Berlusconi del silenzio dopo l'addio a Palazzo Chigi e la scelta di rompere quel silenzio proprio con i lettori del Giornale, dopo mesi passati a smentire frasi che gli venivano attribuite con virgolettati destinati a titoli a caratteri cubitali, «che spesso non avevo mai non solo detto, ma nemmeno pensato». «Per un po' ho mandato comunicati di smentita, poi dopo che ne ho fatti ventidue e nessuno li prendeva in considerazione, ci ho rinunciato». «Insomma, quando ho deciso di parlare per davvero, ho scelto di farlo con persone che la pensano come me e fedeli alle idee per le quali è nato il Giornale. Lo dovevo a voi e vi ringrazio perché sono felice di essere qui, anche se mi avete fatto fare più di cento foto ieri sera...».
Berlusconi sta parlando da quasi due ore e mezzo, eppure nessuno reclama per il pranzo che slitta. Perché era questo che volevano sentirsi dire, prima ancora della domanda sulla candidatura o meno a Palazzo Chigi. «Perché oggi è un giorno speciale» dice Berlusconi, ricordando gli ultimi vent'anni di impegno del Giornale fuori dal coro dei giornaloni cingolati, ma anche ricordando i primi venti, «con Indro». Così, sfidando i morsi della fame, tanti lettori dal primo numero si fermano a parlare anche dopo l'incontro, apprezzano e applaudono, per oggi e per ieri. Oreste Ricci, di Roma, non ha ancora superato l'amarezza per «il tradimento del signore di Montecarlo»; Narcy Sartorelli, bresciana di talento, è rapita: «Con tutto quello che gli hanno fatto, è incredibile la forza che ha ancora», altri sono ultrà berlusconiani persino per la scelta dei vocaboli di questi più di centocinquanta minuti di conversazione: «Non ho mai sentito un politico fare una scelta migliore di aggettivi e sostantivi», dice un'insegnante in pensione che fa capire che lei lo promuoverebbe subito. Persino un gruppo di turchi si intrufola e apprezza.
E lui, il Cav, fa di tutto per meritarsela questa promozione. Anche e soprattutto nel racconto di se stesso, travolgendo Alessandro Sallusti di ricordi e aneddoti: «Da bambino andavo nei mercati vicino a casa mia il martedì e il sabato, raccogliendo i fogli di carta gialla che si usavano allora, li portavo a casa, li bagnavo nella vasca, poi li asciugavo e li vendevo per accendere le stufe». Il passaggio successivo sono state le fotografie: «Facevo gli album completi dei funerali, poi sono stato promosso ai matrimoni». Lo racconta con orgoglio, «perché erano anni in cui la carne non si mangiava quasi mai. Andavo a fare la spesa e bucavo la bottiglia del latte della Centrale di Milano, bevendone un po', e poi allungavo con acqua per non farmene accorgere». Oppure, «quando andavo a comprare chili di mais e li portavo a casa a piedi, dando a una vecchietta bisognosa i soldi che la mamma mi aveva dato per il tram». Berlusconi, che è Berlusconi in tutto e per tutto, non risparmia nulla sulle sue doti, senza modestia: «Ero messo davvero bene, anche a torso nudo». E poi: «All'università inanellavo 110 e lode». Poi capisce che è troppo e corregge immediatamente: «Trenta e lode». Mica finita: «Correvo i cento metri in undici secondi e tre». E infine: «Quando cantavo a Parigi con lo pseudonimo di Dani Daniel, Le Figaro scrisse che davo particolare espressione alle parole delle canzoni». Ovviamente, il fatto di essere a bordo di una nave, lo stuzzica: «Mi imbarcavo d'estate, per portare a casa qualche soldo, sulle navi Costa e Grandi Viaggi. Di mattina facevo i giochi sul ponte, di pomeriggio la guida turistica anche in città che non avevo mai visitato in vita mia, ma su cui mi preparavo sui libri; di sera prima cantavo nell'orchestra jazz, poi di notte, da solista voce e chitarra, sempre Dani Daniel. Dopo le tre, invece...». E c'era anche Fedele Confalonieri: «Mi licenziò dall'orchestra perché diceva che passavo tutto il tempo a ballare con le ragazze. Ma non capiva che era la fortuna dell'orchestra, perché poi quando dedicavo una canzone “alla signora in sala”, almeno in trenta pensavano che fosse per loro...».
Una volta tornati a terra, l'orchestra chiuse, «Fedele per trovare un altro lavoro dovette andare in Libano» e Silvio si dedicò alle costruzioni con tutti i soldi della liquidazione del papà, e come segretaria la figlia del portiere che scriveva «à telefonato», con l'accento.

E anche qui non mancano aneddoti, da quando Berlusconi che stava tinteggiando una palazzina a torso nudo si imbattè in clienti e si cambiò istantaneamente con giacca e cravatta spacciandosi per il cugino dell'imbianchino, a quando, per vendere case, ingaggiò tutti i parenti chiedendo loro di fingersi interessati ai palazzi, per far colpo sui potenziali clienti. «Finché una cugina si mise a salutare e baciare tutti gli altri, scoprendo il gioco». Brandelli di vita, più politici della politica.

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