Gennaio no, non si può, è troppo vicino. E prima comunque bisogna approvare la legge di stabilità e mettere in sicurezza il Paese. Febbraio nemmeno,c’èla neve e il 3 ci sono pure le regionali del Lazio. Dunque, dopo il trambusto delle ultime 48 ore, si torna alla casella di partenza: crisi pilotata, niente sfiducia a Monti, scioglimento «morbido» delle Camere dopo Capodanno, verso il 10-15, e voto il 10 marzo, con schede per le politiche insieme a quelle per la Lombardia e il Molise. Questa la mappa di fine legislatura tracciata da Giorgio Napolitano al termine delle cons ultazioni. Nessuno strappo, evitiamo di andare tutti a picco. «Confido sia possibile un percorso corretto e costruttivo sul piano istituzionale nell’interesse dell’Italia e della sua immagine internazionale ». Monti è alla Scala. «Il re Sole è lontano da me »,dice nel foyer alludendo forse al Cav o forse alla sua intenzione di non restare in sella a dispetto dei santi. Il suo unico incontro politico è quello con il maestro Barenboim per concordare di suonare l’Inno di Mameli al termine dell’opera. Napolitano invece resta a Roma. «Il governo è nelle sue mani», spiega Elsa Fornero. E un altro ministro melomane, Pietro Giarda, azzarda un paragone con il Lohengrin eroe debole. «Anche noi aspettiamo un aiuto dall’alto».
Che infatti arriva. Il capo dello Stato, preoccupato per le ripercussioni sui mercati, convoca al Quirinale i partiti e chiede di scoprire le carte. Sfilano i presidenti delle Camere e i segretari della slabbrata maggioranza ABC. Tutti si dicono «responsabili », nessuno vuole il disastro ma solo l’Udc chiede di resistere. Al capo dello Stato non resta che prenderne atto. Iniziano tre mesi di dura campagna elettorale: reggerà la baracca?
Si comincia con il Pdl, che aveva acceso la miccia. «Noi consideriamo conclusa l’esperienza Monti - dice Angelino Alfano ma garantiamo un’ordinata conclusione della legislatura». Il centrodestra non vuole passare come il partito dell’incoscienza, che precipita il Belpase nell’esercizio provvisorio in pasto alla speculazione e ai capricci dello spread, quindi farà approvare la legge di stabilità. Ma poco altro.
Napolitano lo considera il minimo sindacale, però adesso se lo fa bastare. Del resto il Pdl, si legge in un comunicato del Colle, farà la sua parte «in vista agli adempimenti inderogabili relativi al bilancio dello Stato », cioè la vecchia Finanziaria, e «si riserva di decidere sugli altri provvedimenti già all’esame delle Camere». Come la delega fiscale e il decreto sviluppo, sui quali potrebbe astenersi.
Si tratta insomma, di «nuove condizioni» sulle quali il presidente interpella gli altri partiti. Anche il Pd si dichiara responsabile. «Saremo leali con Mario Monti fino al termine della legislatura- spiega Pier Luigi Bersani - ma non ingenui. Non ci vogliamo incollare, oltre al peso della transizione, quello della propaganda del Pdl». Napolitano vorrebbe sfruttare il tempo rimasto per far lavorare le Camere su alcuni provvedimenti, come l’Ilva, il taglio delle Province e legge elettorale. I democratici, che sotto vogliono andare al voto al più presto, non ci stanno e si sfilano: «Non ci possiamo permettere di sostenere il governo da soli».
E pazienza se Napolitano non è d’accordo.Oggi nel pomeriggio il capo dello Stato riceverà al Quirinale pure il premier Monti, convocato ieri in serata, «per discutere con lui tutte le implicazioni ». Salvo sorprese, siamo davvero all’ultimo giro di valzer.
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