Sallusti: "Prima andrò in carcere, poi faranno il decreto"

Rutelli cerca di salvarsi la faccia e fa l'ennesima giravolta: "Non è vero che io mi sono battuto per il carcere per i giornalisti". Ma ieri diceva: il carcere per le cose scritte non è incivile

Francesco Rutelli cambia di nuova idea e innesta la retromarica. Ieri aveva detto che il carcere per i giornalisti "non è incivile", oggi ha cambiato idea: "Non è vero che io mi sono battuto per il carcere per i giornalisti, visto che sono pubblicista e ho giornalisti in famiglia, e lungi da me colpire la libertà di stampa. Qui però si parla di diffamazione, un reato che può distruggere una persona, come è accaduto a Enzo Tortora che è morto per questo".

Poi, per rimediare, cerca di trovare una scappatoia: depenalizzare l’omesso controllo del direttore su un articolo anonimo poi riconosciuto diffamatorio. È la soluzione per "liberare Sallusti" dal rischio carcere. Ma Alessandro Sallusti rispedisce la proposta al mittente: "Depenalizzare l’omesso controllo mi convince moltissimo ma risolve il problema dei direttori e non giornalisti - ha spiegato -. Io sono grato a Rutelli dell’interessamento ma tutto questo dimostra che la magistratura e la politica non hanno capito quello che è successo: la sentenza della Cassazione, che non è riformabile, mi attribuisce la paternità dell’articolo. Quel giudice, che non ha fatto nessuna indagine, dice che l’autore sono io".

"In Italia i problemi si risolvono un minuto prima o un minuto dopo che succede il patatrac. Quindi credo che io andrò in carcere e, a quel punto, accadrà qualcosa", ha detto il direttore de ilGiornale nel pomeriggio ai microfoni di Radio2.

"L’unica cosa che può accadere di serio e concreto è che Monti scenda dal suo piedistallo ipocrita e faccia un decreto legge che dica che per i reati d’opinione non si va in carcere, punto", ha aggiunto il giornalista condannato a 14 mesi di carcere per diffamazione aggravata.

Sallusti ha poi raccontato anche come sia stato avvicinato da

alcune persone che gli hanno proposto una fuga all’estero in Francia, ma di non sapere chi fossero quelli che l'hanno contattata: Erano "dei signori, non ho capito da dove arrivavano e perché", forse dei servizi segreti.

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