Sì, no, forse. Anche il Salone del libro di Torino è un luogo «politico», quindi gli si addice l'eterno triumvirato dell'indecisionismo politico. E se la telenovela Marini-Prodi-Rodotà (sì, no, forse: appunto...) ha poi avuto l'happy end che sappiamo, sotto la Mole si avverte il peso della mole di un possibile convitato, effettivamente di pietra, vista la sua testardaggine. Alla presentazione dell'evento, in programma dal 16 al 20 maggio, ieri è infatti scoppiato un piccolo caso, un casino, su Beppe Grillo. Mentre il presidente Rolando Picchioni, rammaricandosi per il fatto che «la ragione di Stato ha sottratto alla partecipazione il presidente Napolitano nella veste di autore», si è detto possibilista sull'opportunità di invitare il leader pentastellato, il direttore editoriale Ernesto Ferrero è andato giù piatto, affermando che non avvertirebbe, ma proprio per niente, l'assenza dei «comizi di pifferai magici, burattinai digitali e tenutari di set», anche se poi ha aggiunto che, per carità, nessuno può essere escluso a priori, «purché vi sia vero confronto». Sono i velati cascami di una polemica morta in culla, relativa al libro scritto a sei mani, dal suddetto convitato-pifferaio, dal suo suggeritore-gobbo che gli dà la battuta (Gianroberto Casalegno) e dal padre-nonno nobile di qualsivoglia protestatario calchi il suolo italico, Dario Fo. Titolo: Il Grillo canta sempre al tramonto. Già piazzato sul comodino del grillino modello, l'aureo livre de poche targato Chiarelettere si proponeva come «caso» editorial-casinista e ora... E ora dovremo fare a meno, al Lingotto, di questo lingotto di saggezza. Ce ne faremo una ragione.
Intanto, a bocce ferme prima della partita, è meglio partire dal titolo della manifestazione. Che è assertivo, anche se forse non gli starebbe male un punto interrogativo a mo' di ciliegina sulla torta. «Dove osano le idee»: questo il filo conduttore. Ora, con tutto il rispetto, a occhio e croce il senatore a vita Emilio Colombo e il suo biografo Arrigo Levi non ci paiono grandi osatori. E a giudicare dal titolo del libro che andrà a presentare con Andrea Graziosi, Grandi illusioni, anche a Giuliano Amato non si addicono troppi voli di fantasia. Fantasia ne denotano pochina anche Bill Emmott ed Eugenio Scalfari. Per non parlare di Romano Prodi, insaccato dai veti incrociati. Quanto a Walter Veltroni, le veline sabaude parlano di grande attesa per la sua nuova proposta politica. Sintetizzata da un titolo in puro veltronese: E se noi domani. Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky, Luciano Canfora e Piero Fassino s'interrogheranno su un evergreen, la crisi della politica, mentre Concita De Gregorio lancerà la sua invettiva con Io vi maledico. Come dite? Sembra di essere alla Festa dell'Unità? Ma quale unità, ognuno va per la propria strada, in ordine sparso.
Insomma, per osare sul serio è sempre meglio rivolgersi ai libri veri. Ed essendo il Cile il Paese ospite, si può osare a partire dai versi di Pablo Neruda, nume tutelare e punto di riferimento di Oscar Hahn e Raul Zurita ed Elikura Chihuailaf, esponente della minoranza mapuche, oppure dall'esperienza di Jorge Edwards, il decano dei letterati cileni, narratore e diplomatico Premio Cervantes 1999. Oppure ancora dalla prosa sempre scomoda e fascinosa di Roberto Bolaño, che verrà ricordato dalla moglie Carolina Lopez. Sarà presente in spiritu persino Alexandr Solgenitsin, alla presentazione dei suoi scritti inediti mentre dalla Francia arriveranno gli emergenti Jérôme Ferrari, insignito del Goncourt l'anno scorso, e Cédric Villani, matematico. I numeri, quando non sono quelli della politica, osano ben più delle parole.
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di Daniele Abbiati
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