«Schumi si è svegliato» Una speranza per il pilota

«Schumi si è svegliato» Una speranza per il pilota

C'è solo una possibilità che il miracolo Schumi si compia. Ed è nascosta in una bugia. La dolorosa bugia di una famiglia pronta a tutto per proteggere la propria, sofferente, privacy. Altrimenti, l'annuncio dato ieri dalla manager dell'ex pilota e quelle poche parole scritte che sul momento fanno pensare a cose belle, aggiungono poco a ciò che già si sapeva. Si legge: «Michael ha lasciato l'ospedale di Grenoble per continuare il suo lungo periodo di riabilitazione. Non è più in coma... Per il futuro, chiediamo la massima comprensione affinchè il suo ulteriore periodo di riabilitazione si svolga lontano dai riflettori».
Ora il mondo che da quel fottuto 29 dicembre 2013, giorno dell'incidente sulle nevi di Meribel, si è raccolto virtualmente vicino alla famiglia, quel mondo sa ufficialmente che Michael dopo sei mesi, un'enormità, è uscito dal coma artificiale ed è stato trasferito. Però, il processo di risveglio dal coma in cui era stato portato dai medici di Grenoble dopo la doppia operazione al cervello, era già iniziato da tempo. In primavera. L'entourage l'aveva confermato in aprile, così come in precedenza fatto, e solo dopo indiscrezioni, per la polmonite che l'aveva colpito. Mai confermato invece l'inevitabile dimagrimento che l'avrebbe portato a pesare 50 chili. Per cui, il comunicato di ieri ha solo ufficializzato la conclusione di un processo di risveglio già avviato. E terribilmente lento. Non parla di coscienza, non parla di percezione dell'esterno. Tutti questi aspetti, tutt'altro che marginali, sono lasciati a sussurri e voci che rimbalzano sui media: «Ha stati di veglia, comunica con i familiari...». Vera novità, invece, il trasferimento presso il centro ospedaliero universitario di Losanna, a 40 chilometri dalla casa degli Schumacher, a Gland, sul Lago Lemano. Ma anche qui, daccapo, come in inverno per la polmonite: di recente si era parlato di un possibile trasferimento in una struttura riabilitativa specializzata in Svizzera per avvicinarlo alla famiglia. Corinna, infatti, per stargli accanto percorreva ogni giorno 400 km tra andata e ritorno. Nei giorni scorsi si era parlato anche dell'esigenza, della stessa struttura ospedaliera di Grenoble, di liberare per altri malcapitati il letto del reparto di neurochirurgia intensiva.
Dunque, quale interpretazione dare? Che il paziente Schumacher, una volta svegliato dal coma artificiale, non desse comunque segnali tali da giustificare altri sforzi nel reparto? O che invece è talmente rincuorante il recupero da poter passare alla seconda fase? E ancora: se come per l'ufficializzazione della polmonite o del trasferimento qualche indiscrezione era comunque trapelata, perché non è mai uscito nulla di veramente rincuorante e positivo?
Mentre si moltiplicano i messaggi di sollievo come quelli dell'ex collega Alonso «felice che le cose vadano nella giusta direzione» e della Ferrari «notizie che ci danno speranza», è dunque doveroso mantenere i piedi ben saldi a terra. Augurandosi che l'ossessione della famiglia per la privacy nasconda una splendida bugia, ma non sottovalutando quanto ha fin qui scritto Gary Hartstein, ex medico della F1, arrivato a ipotizzare «un uso cinico del linguaggio medico per trasmettere un'impressione falsa... Ci sono molte strutture di riabilitazione che possono gestire pazienti ventilati, quindi questo trasferimento non dice ancora se Michael stia o meno respirando spontaneamente... Ci è stato detto qualcosa che già sapevamo...

Se fosse uscito del tutto dallo stato di minima coscienza descritto ad aprile, credo ci avrebbero detto che Michael sta ora iniziando la riabilitazione, che ha dei problemi ad esprimersi e che lavorerà duramente... Invece no». Parole crude. Speriamo fuori strada.

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