Arrivo di notte a Santangelo in Vado, dopo un lungo percorso di meraviglie impreviste, come l'isolata chiesa di Borgo Pace, nella quale occhieggiano, in ampie nicchie colpevolmente abbandonati, alcuni affreschi molto vicini a Raffaellino del Colle, prezioso pittore artigiano. Poco lontano, a Mercatello sul Metauro, rivedo la Chiesa di San Francesco, i bei dipinti dei pittori riminesi, in particolare il crocifisso di Pietro da Rimini, precocissima testimonianza del passaggio di Giotto, nel 1309. La piccola città è metafisica, con bei palazzi rinascimentali, nello spirito di Francesco Di Giorgio e Gasparini , di stile manieristico.
Ma l'emozione più forte è la visione notturna della Domus romana a Santangelo in Vado, dove, in un campo coltivato, individuato più di 50 anni fa, è stata riportata alla luce una vasta aerea pavimentata a mosaico, in parte monocromo, in parte ravvivato da tenui colori. L'illuminazione segue ogni tappeto musivo, e ne evidenzia l'integrità e l'eleganza del disegno. Motivi geometrici, motivi floreali, arabeschi, e anche figure di uomini e animali, caratterizzano un artista che ha grande gusto e naturale eleganza. Anche questo è l'Italia. Mentre nella bella Urbino realizzano un ripugnante maxi parcheggio in cemento armato, che divora una collina, a Santangelo in Vado, un sindaco semplice pulisce il letto del fiume Metauro e riporta alla luce una delle più raffinate tra le ville romane del centro Italia, Roma compresa. Il tesoro d'Italia rimane nascosto. E riemerge, nonostante l'indifferenza e l'ignoranza. E' ignorato, ma c'è. Un giorno ne avremo bisogno.
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A Urbino Bruno Zanardi ha aperto il primo corso di laurea per la formazione di restauratori. Mi chiede di presentare il suo Un patrimonio artistico senza (Skira Editore), u' un libro per italiani dolenti che indica assurdità, terrori, distruzioni. Denuncia, come io ho già fatto, lo sfregio al meraviglioso monumento equestre a Marco Aurelio; rivela lo spreco per il terzo, inutile restauro dei Bonzi di Riace; inorridisce per gli interventi di Boris Podrecca (143 mila metri cubi di cemento davanti la Cappella degli Scrovegni a Padova); rimpiange uomini che avevano capito la decadenza verso la quale siamo avviati, mascherata da scienza. Notevole il ricordo di Giovanni Urbani e della sua indignazione per il «grave ed isolante fallimento nelle politiche di tutela dei Beni Culturali: se dovessi indicare la ragione principale dei nostri mali attuali, credo proprio che me la prenderei prima di tutto con l'oscura coercizione ideologica per cui di punto in bianco, una trentina di anni fa, ci ritrovammo tutti a non parlare più di opere d'arte e testimonianze storiche, ma di Beni Culturali. Binomio malefico funzionante come un buco nero, capace di inghiottire tutto, e tutto nullificare in vuote forme verbali: beni artistici, storici, archeologici, architettonici, ambientali, archivistici, librari, demo antropologici, linguistici, audiovisivi (...).
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