UNA SFIDA CAPITALE

Se dalle politiche è uscito premiato un nuovo «modello Nord», grazie alla buona amministrazione dei sindaci della Lega, il ballottaggio di domenica mette in discussione il totem del modello Roma. Il Campidoglio, per il centrodestra, non sarebbe soltanto la conquista della Capitale. Significherebbe espugnare l'unica e ultima grande «fortezza elettorale» che insieme a Napoli ha resistito ad ogni cambiamento dal 1993 a oggi: persino Bologna nel frattempo ha conosciuto la nuova stagione di Guazzaloca. Roma occupa il palcoscenico della grande rappresentazione mediatica: vincere, per il centrodestra, vorrebbe dire impadronirsi di un simbolo.
Roma è molto più che un Municipio. È una città stato che gode dei fondi per Roma Capitale: dagli stanziamenti straordinari per le infrastrutture a quelli per i grandi eventi del villaggio globale. Il sindaco di Roma è più noto di un ministro, può permettersi di chiedere a George Clooney di offrirgli il più aromatico dei caffè elettorali, «what else?». Il sindaco di Roma governa una città che ha potuto costruirsi una propria «politica estera», autonoma nel mondo, una vetrina succulenta, dagli attori invitati al festival del Cinema, alle visite bilaterali di Veltroni in Romania. Roma - in questi anni - è diventata una città che custodiva il forziere economico del decennio ulivista. Non a caso gli ultimi due sindaci di centrosinistra sono stati incoronati candidati premier, nella convinzione che il modello Roma fosse esportabile e vincente anche sul piano nazionale.
Governare Roma per 15 anni filati ha significato per Veltroni e Rutelli mettere sotto contratto una intera generazione di amministratori, in un intreccio di disinvolti passaggi di poltrona dalle municipalizzate alla Rai. Per i romani, però, la «buona amministrazione», che al nord ha prodotto il miracolo elettorale del Carroccio, si è incarnata più nell’effimero delle Notti Bianche che nel concreto della sicurezza.

Ma forse i romani sono stanchi di notti bianche per la paura. E se questo clima si traducesse in una sconfitta di Rutelli, il tassametro dei consensi capitolini si azzererebbe. E Veltroni potrebbe scendere dal taxi in corsa.

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