Prima sfida rosa nell'università del potere maschio

Prima sfida rosa nell'università del potere maschio

«Mi devono votare per il mio programma e non perché sono una donna». Tiziana Catarci ha già compiuto il primo passo attraverso un confine inviolato da 711 anni semplicemente candidandosi alla poltrona di Magnifico Rettore dell'Università La Sapienza di Roma. Per la prima volta una donna propone il suo nome per andare al governo dell'Università più grande d'Europa. Certamente questa signora elegante, bionda e minuta, madre di un figlio di 12 anni, di ostacoli apparentemente insormontabili ne deve aver già superati parecchi. Prima per laurearsi in Ingegneria Elettronica e poi per arrivare al ruolo di professore ordinario di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni presso la Facoltà di Ingegneria. Dal 2010 è stata Prorettore ma non appena ha deciso di candidarsi si è dimessa dall'incarico. «Sono l'unica ad averlo fatto -tiene a puntualizzare- Tutti gli altri candidati sono ancora saldamente ancorati ai loro incarichi».
Se si vuole un segnale di discontinuità rispetto ai secoli trascorsi non c'è dubbio che il fattore «donna» alla Sapienza rappresenti di per sé una rottura con un passato di genere esclusivamente maschile. La Catarci non si dilunga sulle difficoltà, gli episodi di sessismo o discriminazione subiti in passato. «Quando arrivi in un ambiente composto al 90 per cento da uomini che qualcuno tenti di screditarti è inevitabile- racconta- Un amante solo non basta, me ne hanno attribuiti a decine». Ma la professoressa ha tirato dritto e oggi alle ragazze che tentano strade nuove consiglia di non mollare. «Basta farsi valere, le donne hanno una marcia in più e sanno volgere le situazioni sfavorevoli a proprio vantaggio -prosegue- Se si è in poche è più facile che si ricordino di te e se lavori sodo alla fine i risultati arrivano».
Non vuole esser votata soltanto perché è una donna ma si dice convinta del fatto che soltanto l'arrivo di una donna può automaticamente rompere meccanismi immutati da decenni. Perché le donne hanno un modo diverso di «governare le organizzazioni complesse: promuovono la partecipazione, gestiscono e superano meglio i conflitti e sono più efficienti».
L'Università italiana è in crisi 78.000 iscritti in meno in dieci anni che alla Sapienza in particolare sono costati il 42 per cento degli immatricolati. Erano 24.462 nel 2003 e sono scesi a 14.167 nell'ultimo anno.
Riuscirà una donna a risollevare le sorti dell'Università nata nel 1303 per volontà di Bonifacio VIII, il pontefice schiaffato all'Inferno da Dante Alighieri? Come pensa di invertire la rotta la Catarci? Due i principi chiave del suo progamma la multidisciplinarietà e l'internazionalizzazione. «Bisogna creare percorsi formativi innovativi come oramai hanno fatto tutte le grandi università del mondo -spiega la Catarci- L'obiettivo deve essere quello di superare subito la divisione tra l'area culturale scientifica e quella umanistica per disegnare corsi che definiscano figure professionali con competenze in entrambe le aree». L'ostacolo più difficile da superare è sempre quello economico. «Si possono fare molte cose perchè il capitale umano c'è -prosegue- Certo non abbiamo quello economico ma dobbiamo far pressione sul governo perchè è dentro l'Università che si gioca il futuro del paese».
Quali sarebbero le sue prime mosse se fosse eletta? Convocazione immediata dalla squadra di governo per le consultazioni mettendo sul tavolo le questioni più immediate. La Didattica che che deve tornare a prevalere sulla Burocrazia.

Open data: assoluta trasparenza dei dati, dall'impiego delle risorse ai progetti di ricerca. Coinvolgimento degli studenti che sono «l'anima dell'Università ed il motore del cambiamento».
L'appuntamento con il voto è per il prossimo 23 settembre.

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