Si tratta, Ferragosto decisivo Il Colle vuol salvare il governo

Cresce l'attesa per il segnale del Quirinale sull'agibilità politica. Diplomazie al lavoro contro i veti incrociati in maggioranza

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Sarà il ferragosto della verità. La politica parlamentare va in vacanza, quella delle trattative prosegue senza sosta. Sia sul futuro di Berlusconi sia sull'Imu. Un match che somiglia a una partita scacchi dove i giocatori si studiano, si insultano sotto i riflettori ma si confrontano e parlottano nel dietro le quinte. Berlusconi, fresco di condanna, si fa concavo e convesso a seconda delle circostanze: falco coi falchi che vorrebbero il voto subito e gli chiedono di non fidarsi; colomba con le colombe che confidano in una mossa di Napolitano, unico in grado a garantire in qualche modo una «agibilità politica».
Già, il Colle. Il capo dello Stato è uno dei giocatori-chiave di questo gioco agostano. Il Cavaliere aspetta un segnale proprio dal Quirinale che però tace felpato. Urge non far trapelar nulla; nemmeno l'intenzione di prendere in considerazione il file «Berlusconi agli arresti». Ma il tempo corre e la sentenza della Cassazione diventerà esecutiva entro il 15 ottobre. Se non accadrà nulla, se il Colle dovesse rimanere muto, il Cavaliere potrebbe rompere gli indugi e far saltare il banco del governo Letta. Proprio quello che Napolitano non vuole. Le diplomazie sotterranee sono al lavoro e, proprio per non ingolfarne l'attività, Berlusconi preferisce tacere. Meglio non far trapelare neppure un'eccessiva speranza nella mossa della massima carica dello Stato. Il quale è in una posizione delicata posto che l'obiettivo principale, per il Colle, è puntellare il governo Letta. Berlusconi agli arresti sarebbe il caos perché scoppierebbe la rivolta del centrodestra. Con Berlusconi salvato a fare scintille sarebbe il centrosinistra. Davvero una matassa difficile da sbrogliare.
«Pacificazione». Il Colle lavora a quello anche perché Pdl e Pd, cani e gatti pronti ad azzuffarsi se scattassero le manette ai polsi del leader di uno dei due schieramenti, sono destinati a stare insieme. Ad andare d'accordo, seppur obtorto collo, perché - è la visione di Napolitano - soltanto la formula delle larghe intese può garantire le riforme necessarie al Paese ed evitare scenari alla greca. Naturalmente la strada è stretta e pure il Pd non sta affatto bene. Lacerato al suo interno e in perenne psicodramma alla vigilia del congresso, rischia di scaricare proprio sul governo tutte le sue intestine contraddizioni. Non è un mistero, infatti, che tra i piddini in molti non sopportano più l'alleanza con il Pdl e pur di sganciarsi sono disposti a cannoneggiare il «loro» Letta.
Il quale, da Baku in Azerbaijan, cerca di tenersi lontano dal terreno - che sa minatissimo - della giustizia e del caso Berlusconi: «Il mio obiettivo e quello di questo governo è l'impegno di affrontare per risolvere i problemi degli italiani: questo è il nostro impegno ed è giusto che il profilo resti quello», risponde a chi gli chiede un commento sull'«agibilità politica» del Cavaliere. Dribblare il nodo giustizia, tuttavia, non garantisce un percorso sereno per Palazzo Chigi.

Sull'Imu e l'equilibrio dei conti si gioca un'altra partita ad alta tensione, con il Pdl che non intende mollare di un millimetro e torna a minacciare l'esecutivo: «Se non si abolisce quella sulla prima casa vuol dire prendere in giro gli italiani».

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