L'Ordine dei giornalisti della Lombardia ha aperto una istruttoria contro il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, accusato di avere ospitato sul suo giornale una pagina a pagamento nella quale ex colleghi ed amici esprimevano solidarietà e ammirazione per Marcello Dell'Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il presidente dell'Ordine, il collega Gabriele Dossena, De Bortoli potrebbe avere commesso «apologia di reato». Ma Dossena va oltre e chiede, direi ordina, a De Bortoli di spiegare e di prendere le distanze - non si capisce come - dalla sua decisione.
In tanti anni di mestiere ho visto l'Ordine dei giornalisti prendere decisioni, diciamo così, bizzarre. E alcune di queste le ho subite personalmente. Ma mai avrei pensato che quello che dovrebbe essere il massimo organo di tutela della nostra libertà di opinione si trasformasse in un tribunale politico sui contenuti politici di un giornale. Qui siamo alla censura, aggravata dall'intimidazione. Censura di un direttore e, cosa più grave, censura alla libera opinione di cittadini che hanno sentito il bisogno di esternare affetto e ammirazione per un uomo, Marcello Dell'Utri, che anche chi scrive ritiene essere persona di grande valore e capacità oltre che vittima di una sentenza assurda (il reato di concorso esterno neppure è previsto dal nostro codice penale).
Per solidarietà a Dell'Utri, ai firmatari dei messaggi di affetto e stima e al direttore Ferruccio de Bortoli, ho deciso di ripubblicare la pagina incriminata. E invito i colleghi direttori degli altri giornali a fare altrettanto. Comunque la si pensi su Dell'Utri (ed è lecito pure pensare le peggio cose) non possiamo permettere che siano i burocrati dell'Ordine dei giornalisti a decidere che cosa si possa o non possa pubblicare. È ovvio che siamo di fronte a una decisione politica «ad personam» su Dell'Utri. Non mi risulta infatti che i probiviri della categoria siano intervenuti d'ufficio di fronte a solidarietà espresse, per di più non a pagamento, nei confronti di altri condannati eccellenti.
Egregio presidente dell'Ordine, io rivendico la libertà di solidarizzare con chi mi pare e di dare voce a chi credo. Non devo chiedere a lei nessun permesso.
L'ho fatto nei confronti di Silvio Berlusconi (dire che è innocente e ottima persona è «apologia di reato»?) e di tante altre persone condannate in via definitiva (a partire da me stesso). Ora guardi a pagina 4 di questo giornale e processi anche noi. Al ridicolo non c'è mai limite.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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