Sicilia, flop del Movimento 5 Stelle

A Catania, dal 16,6% a circa il 3%. A Messina la candidata grillina non va oltre il 3%. Flop anche a Siracusa e nei comuni dove Grillo ha tenuto i suoi spettacoli. L'ex comico: "Volevate che dessimo fuoco al Parlamento?"

Sicilia, flop del Movimento 5 Stelle

Esploso in un attimo, come una bolla di sapone. La Caporetto del Movimento 5 Stelle è in Sicilia. Nella terra del Gattopardo è cambiato tutto per non cambiare nulla. O meglio, il cambiamento c'è stato, ma è durato otto mesi. Basta comparare i dati delle regionali dell'ottobre 2012 con quelli delle comunali del 10 giugno per scorgere il profondo abisso in cui sono sprofondati i grillini.

A Catania, dal 16,6% si è passati a circa il 3%. Se si guarda alle politiche di febbraio, il risultato è ancor più catastrofico: nella città etnea il M5S aveva registrato alla Camera un 31,86% e un 28,5% al Senato. Numeri da capogiro ridotti drasticamente. Non va meglio a Messina, dove la candidata grillina Maria Cristina Saija non arriva nemmeno a quota 3%. Sono lontani i tempi della traversata a nuoto sullo Stretto, del 13,8% raggiunto alle regionali dell'ottobre scorso, del 23,2% del Senato e del 27,6% della Camere alle ultime politiche. Eppure non è passato nemmeno un anno. Il tutto aggravato da un astensionismo record con oltre mezzo milione di siciliani rimasto a casa.

Nell'altro capoluogo di provincia, a Siracusa, il candidato pentastellato Marco Ortisi non va oltre il 6%, percentuale ben lontana dal 22% delle ultime regionali. Unica magra consolazione riguarda Ragusa, dove Federico Piccitto con circa il 16% va al ballottaggio col centrosinistra. Ma proprio Ragusa è la città col maggior calo di affluenza. E, inoltre, se si guarda al 28% dell'ottobre scorso, la perdita di voti c'è stata, eccome. Cifre sconfortanti anche nei Comuni in cui Grillo aveva tenuto i suoi ultimi comizi. A Riesi (Caltanissetta), una delle ultime tappe di Grillo, il candidato del M5S è arrivato terzo, pur aumentando i voti delle scorse regionali. A Menfi (Agrigento) il M5S ha racimolato solo 684 voti; a Mascalucia di voti ne ha presi neanche mille, pari a un basso 7%; ad Acate il candidato grillino ha perso con il 18% lasciando la vittoria a Raffo, ex sindaco ai tempi della Democrazia Cristiana; a Leonforte il M5S è arrivato ultimo con un misero 4%. Insomma, nei posti in cui si è recato, Grillo non ha fatto breccia. Ma non solo in quelli. Percentuali basse anche in altri comuni: da Modica a San Giovanni Gemini (Agrigento), da Grammichele a Comiso. Non è servito girare la Sicilia col camper, non sono serviti gli spettacoli, le urla, le invettive contro il sistema partitico. Oggi, in Sicilia, ha vinto proprio questo sistema, formato principalmente dalla coalizione che annovera Il Megafono di Crocetta, il Pd e l'Udc. Anche l'osannato "modello Sicilia" oggi risulta azzoppato.

"Il calo in Sicilia del Movimento 5 stelle è responsabilità delle scelte di Grillo a livello nazionale che ha deluso parte dell’elettorato quando ha impedito la formazione di un governo di centrosinistra nazionale più che dall’operato del movimento regionale", ha sentenziato Crocetta, pur precisando di voler mantenere un dialogo con i grillini.

Simile l'analisi di Matteo Renzi: "Grillo non ha sbagliato la domanda, ha sbagliato la risposta, non combatti la brutta politica con l’antipolitica, ma mettendo dei politici seri. I cittadini che ti hanno votato volevano che tu facessi qualcosa e non che restassi sull’albero a cantare". Al di là delle opinioni, è indubbio che nonostante Grillo abbia presenziato nei quattro capoluoghi siciliani in cui si è votato e in altri comuni, non sia riuscito a spingere l'elettorato nella sua direzione. Dall'essere il primo partito con 15 deputati eletti all'Ars all'essere snobbato alle urne il salto del Grillo è stato breve. E inaspettato.

Non se l'aspettava nemmeno il portavoce pentastellato che prova a minimizzare: "In Italia è sempre tempo di elezioni, è sempre il tempo dei Pavesini, che siano sindaci, presidenti di provincia, presidenti di Regione, deputati, senatori, eurodeputati. Il Paese è in elezione permanente. Un tormentone. Ogni anno si vota per qualcosa.

È un campionato di calcio, c’è sempre chi vince, chi perde per poi vincere l’anno successivo, chi pareggia e chi trionfa, come se l’amministrazione pubblica fosse un premio, un traguardo, e non un servizio. C’è pure il calcio mercato con i giocatori comprati all’asta che cambiano
casacca".

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