Roma - Nessun patto, nessun nodo sciolto; ma neppure nessuno strappo definitivo. I due, Bersani e Berlusconi, di fatto, si sono «usmati». Almeno lo hanno fanno in diretta, faccia a faccia, uno di fronte all'altro, accompagnati dai rispettivi bracci destri: Alfano da una parte, Enrico Letta dall'altra. Almeno è stato abbattuto un muro umano, personale. Summit interlocutorio, non definitivo, ventilato per giorni e poi avvenuto ieri alla Camera. Il primo di una serie. Luogo preciso più o meno top secret: alcuni dicevano ai gruppi parlamentari. Altri sostenevano, come più probabile, alla commissione finanze di Montecitorio. Di fatto alle 17 era tutto un via vai di cronisti, alla ricerca del luogo giusto. Dove sono? Tempo un'ora, un'ora un quarto, ed era già tutto finito. «È andata male», azzardava qualche deputato guardando l'orologio. Poco più di settanta minuti sono troppo pochi per trovare la quadra su tante questioni sul tavolo: governo, presidente della Repubblica, un voto anticipato a luglio che sembra avvicinarsi.
Berlusconi ha fatto presente la gravità della situazione economica del Paese, lamentando i danni delle politiche di austerità adottate da Monti. Ma durante il colloquio si è parlato principalmente del nuovo capo dello Stato, come specificato in due note separate. La voce di Alfano: «L'incontro con Bersani e Letta è stato l'occasione per confermare quel che abbiamo sempre detto: il presidente della Repubblica deve rappresentare l'unità nazionale e dunque non può essere, e neanche può apparire, ostile a una parte significativa del popolo italiano. Deve trattarsi di una personalità di indiscusso prestigio e di riconosciuta competenza istituzionale». Qualche nome? Ufficialmente zero: «Non sono stati fatti nomi di possibili candidati. Nei prossimi giorni potranno esserci ulteriori appuntamenti per compiere ogni sforzo tendente ad assicurare condivisione per una scelta così delicata e importante. Il presidente Berlusconi - conclude la nota - ha ribadito la propria disponibilità a fare ciò che è utile all'Italia a difesa del consenso ricevuto e della fiducia che milioni di italiani anche questa volta gli hanno accordato». Dello stesso tenore la nota bersaniana: «Niente nomi ma solo criteri, condivisi, con cui agire».
In compenso in Transatlantico di nomi ne circolano. «Grasso al Colle e presidenza del Senato a un pidiellino. Magari Berlusconi stesso», avanza l'ipotesi un parlamentare. Eppure c'è chi invece pensa e spera che il Cavaliere sia l'uomo giusto per il Quirinale. Michaela Biancofiore, per esempio, ha lanciato un sito-petizione berlusconialquirinale.org. Già migliaia i sottoscrittori.
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