Silvio resiste ai colonnelli: basta, il Pdl è davvero finito

Berlusconi conferma l'intenzione di azzerare il Pdl: al posto dei politici servono imprenditori e società civile. Poi lo sfogo: quando vengono a casa mia ho voglia di uscire

Il Cavaliere Silvio Berlusconi
Il Cavaliere Silvio Berlusconi

Prima un vorticoso giro di telefonate tra i big di via dell'Umiltà e poi via alla sfilza di dichiarazioni per giurare che no, Berlusconi non vuole azzerare nulla ma solo innovare, che non ha alcuna intenzione di «lasciare il Pdl» come titola in prima pagina Il Giornale e che presto ci sarà una grande assemblea straordinaria per rifondare il partito. Tutto a posto, insomma. Se non fosse per il dettaglio che il Cavaliere - nonostante le insistenze - si guarda bene dallo smentire alcunché. Zero.
D'altra parte, che Berlusconi non ne possa più del Pdl e che non lo senta più il suo partito non è certo una novità. Lo ripeteva in privato qualche giorno fa, andandoci giù piuttosto pesante con chi gli chiedeva conto del vertice in programma a Palazzo Grazioli. «Servono aria pulita e facce nuove», è il senso del ragionamento del Cavaliere. E ancora: fatico a sopportarli, quando vengono a casa mia mi viene voglia di andarmene io. Già, perché quello che sembra proprio non vada giù all'ex premier è soprattutto una cosa: sono tutti pronti a parlare di rinnovamento purché si tratti del loro vicino di banco e non di loro. Mentre sul punto Berlusconi è più che deciso: è necessario un ricambio, se non totale quasi. E ancora: fuori i politici e dentro società civile e imprenditori.
E qui sta la distanza siderale tra il Cavaliere e una classe dirigente che per dare vita al nuovo corso dovrebbe essere pronta a farsi da parte. Non tutti certo, ma una buona parte. E invece non ce n'è uno che non resista. Ecco perché c'è chi ipotizza un'assemblea straordinaria del Pdl per il 2 dicembre, un modo per tenere Berlusconi «agganciato» al partito. Per far sì che i vertici di via dell'Umiltà siano parte attiva del processo di rinnovamento che verrebbe celebrato non in un congresso ma comunque in una sede ufficiale. Così l'establishment riuscirebbe a garantire se stesso. Ma se è impossibile immaginare cosa succederà fra due mesi, è certo che allo stato l'ex premier non ha alcuna intenzione di presenziare a un appuntamento di questo genere. Un rito da vecchia politica mentre lui immagina qualcosa che vada in tutt'altra direzione: un movimento leggero, all'americana, senza i vincoli cui è stato costretto fino a oggi.
I big del Pdl l'aria che tira l'hanno capita, tanto che sulla convention del 2 dicembre iniziano già ad arrivare le prime frenate. Intanto non si sa bene se è ancora in programma e poi non si capisce se sarà un'assemblea straordinaria o una manifestazione per celebrare la piazza di San Giovanni nel 2006. E soprattutto, aggiunge uno che lo conosce bene, «non si sa se Berlusconi ci andrà».
Davanti a uno scenario in movimento e con molte variabili, insomma, la certezza è una sola: il Cavaliere il Pdl lo vuole azzerare completamente. Dopo il Laziogate, poi, ancora più di prima. L'ex premier, confortato dai sondaggi di Alessandra Ghisleri, è infatti convinto che il brand del Pdl sia ormai esclusivamente negativo. Che non porti voti, ma li tolga. Ed è per questo che non ci vuole mettere la faccia, esattamente come ha fatto con la vicenda Fiorito su cui Berlusconi non ha speso una parola che fosse una.
Per il resto, per le altre decisioni che contano, c'è da attendere un po'. C'è da capire con quale legge elettorale si andrà al voto (e quindi se ci sarà da privilegiare una coalizione oppure un partito) e come finiranno le primarie del Pd.

A parte l'eventualità che Renzi possa vincere, infatti, non va esclusa quella che il sindaco di Firenze possa decidere di strappare sulle regole e uscire dal Pd. Un'eventualità che ribalterebbe il quadro perché molti nel Pdl sarebbero pronti a seguirlo. E chissà, magari anche Berlusconi potrebbe guardarlo con un certo interesse.

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