«Subito il Consiglio altrimenti ci logoriamo»

RomaSenatore Paolo Romani, nello scontro interno al Pdl lei è schierato tra i «mediatori». Esiste ancora un margine per una ricucitura o la divisione è ormai inevitabile?
«Io penso sia ancora possibile attivare il principio di mediazione. Con Gasparri, Matteoli e Tajani stiamo lavorando da tempo per questo. Personalmente sono convinto che ci sia più volontà di stare insieme che di spaccare tutto».
È corretto dire che il partito è diviso tra «alfaniani» e «berlusconiani»?
«Siamo tutti berlusconiani e da parte di tutti c'è il desiderio sincero di difendere il nostro leader in questo frangente così delicato e condividere con lui le decisioni. Se è vero che si sono formate due anime con sensibilità differenti, è ancor più vero che le sensibilità sono ancora di più come è naturale in un grande partito come il nostro».
L'Ufficio di presidenza, però, ha deliberato il ritorno a Forza Italia e l'azzeramento delle cariche.
«Ci sono personaggi di frontiera che hanno già dichiarato il loro no a Forza Italia. A loro auguro buona fortuna. Diverso è il discorso per Alfano e non solo. Peraltro ci tengo a dire che la mia vicinanza a Berlusconi non mi impedisce affatto di essere amico di Alfano. Alfano non è Fini, non mette in discussione la leadership di Berlusconi e non è alternativo al presidente».
Ma cosa succederà adesso? Si andrà davvero alla conta nel Consiglio nazionale?
«Io credo sia opportuno anticipare questo appuntamento in modo da evitare un lungo logoramento e disinnescare quelle “conte” che a livello territoriale sono state strumentalizzate».
Nel partito potrebbero determinarsi una maggioranza e una minoranza.
«Non sarebbe un dramma. Ma una cosa è discutere. Altra cosa è voler eliminare l'avversario. Devono essere previste forme di tutela per tutte le anime del partito con organigrammi di garanzia. Tutti devono sentire di poter avere piena cittadinanza. Altrimenti il partito rischia di sfasciarsi».
Berlusconi desidera questa ricucitura interna?
«La sua volontà è quella di chiudere un contenzioso che gli elettori non capiscono. È fondamentale avere un partito forte che lo possa aiutare a superare questo momento difficile».
La raccolta firme al Senato contro il voto palese è stata una mossa saggia?
«È stata una iniziativa di cui si sarebbe potuto fare tranquillamente a meno».
La vera divisione tra «lealisti» e innovatori» sembra essere sull'opportunità di sostenere o meno il governo se il Pd voterà la decadenza di Berlusconi.
«Dopo una serie di macroscopiche violazioni della prassi costituzionale e regolamentare si arriva a quel voto nel peggior modo possibile. Il dibattito è tra chi ritiene che se si fa cadere il governo Letta dopo possa essere sostituito da uno peggiore e chi ritiene che la pugnalata sarebbe troppo dolorosa per continuare a sedere allo stesso tavolo. Io credo che di questo si possa parlare in Consiglio nazionale, confrontandoci serenamente».
Le divisioni interne al Pdl potranno ripercuotersi sulla battaglia per le modifiche della legge di Stabilità?
«Ecco su questo mi sento di dire che se il Pd non è sufficientemente maturo per le larghe intese, allora non potremo consentire che questa immaturità venga pagata dal Paese. Ci sono contenuti per noi inaccettabili come la tassazione sulla prima casa e sul comparto edile, le coperture poco chiare attraverso la spending review.

Questa è una legge di manutenzione non di sviluppo che va incontro soltanto alle esigenze di coloro che votano Pd. Ma per modificarla serve un partito unito».
I ministri del Pdl condividono questa necessità di mettere mano alla legge di Stabilità?
«Sì, da parte loro c'è piena disponibilità».

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