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La tentazione del Cav: azzerare tutto

Il Pdl frena l’ex premier. Ma lui è attratto da antipolitica e liste civiche e si fa consigliare da un trentenne di Monza

La tentazione del Cav: azzerare tutto

Roma - Camera gremita come non accadeva da tempo e capannelli di deputati del Pdl in ogni dove. La domanda del giorno è «a quando la svolta» e le risposte sono quasi tutte irripetibili. Perché se da una parte c’è la consapevolezza che il partito debba essere rifondato, dall’altra l’impressione di tutti è che «il progetto», per dirla con Luis Enrique, sia ancora in alto mare. Sintesi di Andrea Ronchi: «O si riparte da zero oppure non ci salva neanche Padre Pio in carrozzella».
Il punto, però, resta la ricetta. Perché nonostante Angelino Alfano ribadisca che «presto» sarà annunciata «una novità», la sensazione di tutti è che le idee siano piuttosto confuse. E soprattutto non convergenti. Silvio Berlusconi, infatti, pare continui a valutare molto seriamente la tesi dello «spacchettamento» del Pdl in diversi rivoli destinati poi a «federarsi», forse anche più dei quattro inizialmente teorizzati se adesso si parla anche di una lista a vocazione cattolica (dove potrebbe convergere Maurizio Lupi), una di fedelissimi del Cav (in ascesa l’ipotesi si possa chiamare Noi Italia), una animalista (guidata da Michela Brambilla) e pure altre liste civiche. Pare, ad esempio, che Berlusconi sia rimasto molto colpito dall’attivismo del trentenne candidato sindaco di Monza Paolo Piffer che con le sue PrimaveraMonza e CambiaMonza ha raccolto al primo turno il 5%. Colpito al punto da alzare il telefono e invitarlo ad Arcore per cercare di capire le ragioni di un simile risultato e il linguaggio utilizzato dalle nuove generazioni. Piffer è stato anche portato a fare una visita a Villa Gernetto per poi chiamare Alfano al telefono e dirgli: «Angelino, c’è qui un ragazzo che dice che non capisco niente di politica!». Un Cavaliere, insomma, che guarda alle ragioni dell’antipolitica e al mondo che cambia, che vorrebbe cercare di capirlo e intercettarlo. Discorso simile, d’altra parte, vale per il Movimento 5 stelle che Berlusconi sta seguendo con attenzione e che i sondaggi, su scala nazionale, darebbero addirittura sopra a un Pdl che sarebbe oggi terzo partito.
Tutti segnali, insomma, di un Berlusconi che non sembra sulla stessa lunghezza d’onda del suo gruppo dirigente. Ancora ieri, a Palazzo Grazioli, Gianfranco Rotondi ha sconsigliato l’ex premier sull’ipotesi «spacchettamento» perché, ha argomentato, «spartire ricchezza fa solo miseria». Ma il Cavaliere non si è sbottonato. E che a via dell’Umiltà siano più o meno tutti su questa linea non è un mistero, tanto che ancora negli ultimi giorni sono proseguiti i contatti tra Alfano e Pier Ferdinando Casini per valutare l’ipotesi di un riavvicinamento dell’area moderata. Ed è questo quello a cui pensa il segretario del Pdl, a un «ricongiungimento» dei partiti che di fatto pescano nell’elettorato di centrodestra da aprire alla società civile. Ma tenendo in vita il Pdl e, ovviamente, il suo gruppo dirigente. A differenza, forse, di un Berlusconi convinto che ci debba essere una rivoluzione non solo «nominale» ma anche di uomini perché, confidava qualche giorno fa in privato, «mostriamo sempre le stesse facce da 15 anni». Senza contare che il Cavaliere non è particolarmente affascinato da un riavvicinamento con un Casini che continua a chiedere come condicio sine qua non che l’ex premier si ritiri ad Antigua.
Una situazione in movimento e piuttosto complicata. Tanto che la riunione di ieri sera tra Berlusconi e i vertici di via dell’Umiltà in programma a Roma per discutere il risultato elettorale e le prossime mosse è stata rinviata. Si dice a questa mattina, prima che il Cavaliere parta per Bruxelles dove lo aspetta il vertice del Ppe, ma in realtà dovrebbe saltare nuovamente. Il segnale che le idee non sono chiare. Con gli ex An (ma non solo loro) che stanno iniziando a fremere e insistono nel teorizzare il «governicidio», cosa che Berlusconi continua a escludere.

Il timore, però, è che la situazione si stia troppo incancrenendo e visto che anche nel Pd c’è a chi non dispiacerebbe tornare alle urne il rischio di un «incidente» che mandi l’esecutivo a casa è sicuramente più alto oggi di una settimana fa.

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