Le toghe sfidano Napolitano: sprint per condannare il Cav

MilanoE chissà cosa succedeva se Napolitano non chiedeva ai giudici di rallentare un po' il pressing su Silvio Berlusconi. Ieri nell'aula del processo Ruby accade esattamente il contrario di quanto il capo dello Stato aveva auspicato con la sua nota di martedì: che i giudici del tribunale di Milano hanno sicuramente letto con interesse sui giornali, ma hanno evidentemente ritenuto irrilevante (sarebbe eccessivo immaginare che se ne siano fatti influenzare ma in senso opposto da quanto sperava il Quirinale: e cioè che abbiano deciso il contrario apposta per rimarcare la loro autonomia). Dietrologie a parte, la sostanza è che il più piccante dei processi al Cavaliere mette il turbo, e si avvia alla conclusione il prossimo 25 marzo. Nel pieno, cioè, di quelle consultazioni per il nuovo governo che Napolitano voleva tenere in qualche modo al riparo dalle intemperie giudiziarie del Cavaliere.
A decidere di pigiare sull'acceleratore è Giulia Turri, presidente del tribunale tutto in rosa che dovrà stabilire se Berlusconi è colpevole dei reati di concussione e prostituzione minorile per i suoi rapporti con Karima el Mahroug. Si tratta dello stesso giudice che lunedì aveva deciso di inviare - come i suoi colleghi della Corte d'appello del caso «diritti tv» - i medici fiscali al San Raffaele per accertare il reale stato di salute di Berlusconi, ricoverato in ospedale da venerdì. La visita, come è noto, si era conclusa confermando e anzi aggravando quanto i medici dell'ospedale avevano scritto nei certificati. «Scompenso pressorio», richiesta di Tac, impossibilità assoluta a presenziare in aula. Prognosi, sette-otto giorni.
Ieri, però, si tiene ugualmente udienza per il caso Ruby. Procura e difesa si presentano in aula convinte di cavarsela in pochi minuti, fissando il calendario delle giornate successive. Invece il giudice Turri prima chiede che venga prodotto un nuovo certificato del San Raffaele; poi, quando arriva il certificato secondo cui gli «sbalzi pressori» del paziente continuano, e il ricovero deve proseguire, il giudice chiede se i difensori hanno nulla in contrario a tenere udienza lo stesso. L'obiettivo è evidentemente dare la parola alla Procura per concludere la requisitoria. Ma è la stessa Ilda Boccassini a spiegare francamente di non essere venuta per un impegno così cruciale; e Niccolò Ghedini e Piero Longo ribadiscono che se l'imputato è impedito l'udienza non si può fare.
Così il tribunale partorisce un calendario di udienze che punta a recuperare il tempo perduto a causa della uveite bilaterale del Cavaliere e dei disturbi connessi. Una intera settimana di udienze: lunedì, mercoledì, giovedì. E il lunedì appresso, 25 marzo, la sentenza. Tra i cinque e gli otto anni di carcere, dicono i bookmakers giudiziari, a seconda che arrivi la condanna per uno o due capi d'accusa. È appena il caso di ricordare che in uno dei pochi giorni liberi della settimana bollente del Cavaliere, sabato 23, potrebbe arrivare l'altra sentenza, quella del processo d'appello per i diritti tv.
Come questa raffica di udienze e di sentenze si concili con gli auspici del Colle è un tema che riguarda i rapporti tra la magistratura e il capo dello Stato (cui la carica di presidente del Csm, si sottolinea ieri in tribunale, non attribuisce certo capacità gerarchiche nei confronti dei magistrati). Ma di sicuro la nota di Napolitano ridarà fiato alle richieste di sospensione delle udienze che Ghedini e Longo si preparano a presentare di nuovo, non solo a nome di Berlusconi ma anche in proprio, essendo entrambi parlamentari.

Già alla prossima udienza del caso Ruby, quella fissata per lunedì, i legali del Cavaliere non ci saranno. Ma il tribunale potrebbe nominare al loro posto un avvocato d'ufficio, e dare la parola a Ilda Boccassini per la requisitoria.

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