Le toghe vogliono l'immunità persino per il loro stipendio

Il governo pensa di tagliare le retribuzioni dei magistrati. Loro raccolgono le firme e scrivono al Guardasigilli: sarebbe uno sfregio, dalla nostra parte c'è la Costituzione

Le toghe vogliono l'immunità persino per il loro stipendio

G iocano d'anticipo, i magistrati. Quella di un taglio ai loro stipendi, come a quelli dei dirigenti pubblici e dei grandi manager, è ancora un'ipotesi, ma si parla del 18 per cento e il terrore corre sul web. Il governo Renzi e il commissario per la spending review Carlo Cottarelli, si teme, stanno preparando un bel piattino alle 9mila toghe.
E allora parte sulle mailing list una petizione «preventiva» che raccoglie le firme per chiedere al ministro della Giustizia Orlando, al Csm e all'Anm di muoversi subito per bloccare il progetto. Dal fine settimana si moltiplicano le adesioni via e-mail di magistrati di tutt'Italia, giudici e pm di ogni corrente, preoccupatissimi per gli annunciati interventi legislativi che prospettano «un pesante taglio delle retribuzioni ed il superamento del meccanismo di adeguamento automatico del trattamento economico», che evita alla categoria ogni contrattazione con il governo.
Tutto questo succede alla vigilia delle elezioni del Csm di luglio e nel pieno delle primarie per scegliere i candidati, che si tengono in tutt'Italia fino a giovedì. Così, si chiede ai concorrenti di dichiarare che cosa intendano fare, in caso di elezione, per impedire questo «ennesimo sfregio» alla categoria.
Nella petizione si esprime «ferma ed incrollabile contrarietà» ai possibili tagli per gli «effetti ingiustamente penalizzanti per tutti i magistrati, ed in particolare per i più giovani». Soprattutto, si fa presente che il sistema di retribuzione delle toghe gode di una «speciale tutela costituzionale», perché è legato alla difesa dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura. Insomma, è intoccabile. E qui il documento cita la sentenza della Corte costituzionale del 2012, «che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo un intervento normativo analogo». Dopo la Finanziaria 2010 i tagli degli stipendi ci furono e solo dopo aver vinto il ricorso alla Consulta i magistrati ottennero la restituzione del «maltolto», come lo definirono, minacciando un mare di ricorsi individuali.
Ora la storia si ripete, ma forti dell'esperienza passata le toghe mettono le mani avanti: prima di subire diminuzioni delle retribuzioni, avvertono che le loro buste paga non si toccano.
«Il principio cardine, secondo una granitica ed univoca giurisprudenza costituzionale», scrivono nella petizione, è che la ratio del sistema di adeguamento automatico degli stipendi, giustificato dal «delicato» ruolo della magistratura e dall'equilibrio tra i poteri, sta nella «tutela non della categoria, ma dei cittadini e dello Stato».
Al Guardasigilli chiedono di «farsi portavoce di immediati e non differibili chiarimenti in merito alle reali intenzioni del governo». Al Csm di aprire formalmente una pratica anche per «una valutazione preventiva della legittimità-costituzionalità dei preannunciati interventi». All'Anm di «adottare tutte le iniziative utili ed opportune per la tutela dell'integrità retributiva della categoria». Sulle mailing list c'è già chi parla di sciopero e molti si lamentano dell'eccessiva «arrendevolezza» del sindacato delle toghe.

C'è chi dice che bisognerebbe spiegare a Matteo Renzi e ai suoi consiglieri, che una cosa sono gli stipendi dei magistrati e un' altra è lo stipendio apicale per il primo presidente della Cassazione. E che c'è una differenza tra retribuzioni della magistratura ordinaria e delle altre magistrature.

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