Si può stare per 24 anni senza guardare la tv? Si può, lo ha fatto un ingegnere elettronico inglese, Andrew Lohmann, 53 anni, ex teledipendente, che nel 1988 ha deciso di disfarsi del suo televisore. Com'è finita? Non ha mai visto le immagini dell'attacco alle Torri Gemelle, mai una puntata del Grande Fratello ma in compenso la sua vita ne ha guadagnato parecchio («Sono diventato molto più socievole e ho fatto un sacco di nuove amicizie femminili», racconta). L'anno scorso i coniugi Strauss, Richard e Rachel, si sono guadagnati il titolo di Mr e Mrs Green per essere riusciti a produrre un solo sacchetto di spazzatura in un anno. Come? Riciclando tutto e coltivando il proprio orto nel giardino della villetta di Longhope, un villaggio nella contea di Gloucester, Inghilterra centrale, dove vivono con la loro piccola Verona, 10 anni. A chi, come loro, vuole vivere senza spazzatura, la coppia dispensa consigli dal proprio sito myzerowaste.com, compreso qualche preziosa dritta sui cinque modi per riciclare una caffettiera e trasformarla - badate bene - in una lampada o in un vaso.
Mentre tutto ci spinge ad avere, fare, consumare, mentre «vivere senza» sembra un'impresa titanica - provate a immaginare come stareste senza cellulare, senza tv, senza computer, senza comprare, senza buttare, semplicemente senza una qualsiasi delle mille cose o attività che riempiono le vostre giornate - c'è invece chi ha deciso di togliere. Sono tanti e stanno diventando i supremi paladini dell'essere sull'avere, individui che tolgono all'io per regalare all'umanità o forse semplicemente un gruppo di volenterosi e cocciuti in sfida con loro stessi per sfidare il mondo, pronti a lasciare tutto per non farsi scappare il resto o più banalmente a caccia di un rimedio universale che ammazzi la noia e scandisca le giornate.
In Germania grande successo ha avuto il documentario di Heidemarie Schwermer, una nonna oggi settantunenne, che nel 2009 ha raccontato i suoi tredici anni «senza soldi». «Living without money» è il racconto di una donna che non ne può più di spendere e consumare e si inventa una vita fatta di scambi: di cose e di favori. Il baratto nella sua arte più pura, un esperimento talmente ben riuscito da farle decidere, a due anni dalle prime prove generali, di lasciare il lavoro e tutto ciò che possedeva per trasferirsi in una casa in affitto con una sola valigia e uno zaino. Non senza ottimi risultati: «Vivere senza soldi mi ha dato qualità della vita, ricchezza interna e libertà». Ma attenzione, qui di mezzo non c'è solo il denaro. Spiega la regista Line Halvorsen: «Questo non è un film che insegna a vivere senza soldi, ma è il ritratto di una donna che ha fatto una scelta coraggiosa e ispiratrice». Scelta simile a quella dell'ex fotografo giapponese Masafumi Nagasaki, 76 anni, venti dei quali passati senza vestiti sull'isola deserta di Sotobanari, in territorio giapponese ma al largo di Taiwan. «Andare in giro nudi sembra una cosa impossibile in una società normale, ma qui sull'isola è la cosa giusta, è come un'uniforme. Se ti metti addosso i vestiti, ti senti completamente fuori luogo». Nagasaki non è il solo. In Rete spopolano i racconti di chi ha deciso di «vivere senza»: non solo senza vestiti ma addirittura senza un lavoro. Per scelta, certo, ma forse di questi tempi necessità fa virtù. Finisce che il sito voglioviverecosi.com cita Hugo ed esalta chi dice addio al posto fisso o al posto che non c'è («Un uomo non è un pigro se è assorto nei propri pensieri. Esistono un lavoro visibile ed uno invisibile»). E via con l'elogio degli italiani «improduttivi e felici» raccontati tra l'altro nel libro di Serena Bortone e Mariano Cirino («Io non lavoro», edito da Neri Pozza). Una filosofia di vita, per chi vuole godersi il quotidiano «senza ritmi ingessati», «senza seguire le convenzioni sociali», «senza i progetti di vita di mamma e papà».
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