Vescovi, Lega, Di Pietro e Fiom: ecco la Santa alleanza sull’articolo 18

Nell'inedita alleanza l'Idv cavalca la latitanza dei democratici. Il miracolo della Fornero: ha riunito Landini e monsignor Bregantini in un "partito operaista". L'arcivescovo schierato a sorpresa in difesa della Cgil. E i leader sindacali adesso corteggiano Bossi

Vescovi, Lega, Di Pietro e Fiom:  ecco la Santa alleanza sull’articolo 18

A vederli così, come nel Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, un osservatore distratto potrebbe anche strabuzzare gli occhi. Che ci fanno questi qui insieme, sul fronte della protesta? E invece nell’Italia di Monti si incontrano strambe alleanze. Il quadro quindi non è affatto inverosimile. C’è Susanna Camusso che si straccia le vesti, con Landini che la controlla, Tonino Di Pietro che bofonchia il suo non ci sto, Bossi e Maroni che riscoprono una antica vocazione operaista e monsignor Giancarlo Bregantini, «ministro del lavoro» dei vescovi italiani che predica contro la riforma Fornero. Il merito o la colpa di tutto questo è dell’articolo 18, o meglio della sua revisione. Miracoli tecnici.

Cgil, Fiom, Idv, Lega e Cei si incontrano nel nome di una classe operaia dai confini sempre più incerti. Il popolo dell’articolo 18 è una minoranza e la loro difesa è più una questione di principio o di concorrenza politica. Il vero fronte del lavoro è quello del precariato, dei contratti atipici, sul quale il governo sta facendo pesare nuovi contributi. Il risultato è che si rischiano salari ancora più bassi. Tutto questo, però, interessa poco i paladini del partito «operaista». I quattro del Quarto stato preferiscono le barricate sull’articolo 18. Forse, per loro, dal punto di vista politico è più strategico. La Camusso e Landini si ritrovano così a corteggiare il Carroccio e si ripete la storia delle pensioni. Ora è chiaro che Bossi e Maroni si sentono a proprio agio, in questa stagione, nel vestito da oppositori. Solo che un po’ di turbolenza tra il suo elettorato tradizionale la Lega deve metterla in conto.

Camusso, Di Pietro e vescovi non sono i compagni di viaggio abituali e c’è il rischio che più di qualcuno non capisca. Fino a che punto si può cambiare campo? Il Carroccio delle partite Iva magari non è esattamente lo stesso degli operai. Il trucco come sempre è farli convivere e per anni Bossi ci è riuscito bene. Vediamo se Maroni sarà più o meno fortunato.

Il dato interessante è che di fronte a un Pd lacerato dallo strabismo culturale, la Cgil si specchia nel profondo Nord. Non è detto che l’immagine riflessa sia poi così brutta. Certo che una Cgil leghista è davvero roba postmoderna.

Molto più semplice da spiegare invece il gioco di Di Pietro. Bersani sbanda sull’articolo 18, subito Tonino mostra fermezza paesana e si veste da metalmeccanico. Tutta la politica dell’Idv serve a marcare la differenza con gli imbolsiti condomini del Pd. Lì si macerano, nel partito dipietrista ci si butta con decisione. Gli unici veri litigi sono di leadership, e questo accade solo quando De Magistris scalpita. Ora che è occupato a fare il sindaco di Napoli, il numero due soffre meno la dittatura del vecchio collega molisano. Da notare che nel quadro del Quarto Stato il Pd manca. E questo Di Pietro la considera una sua grande vittoria.
Monsignor Bregantini è un po’ il volto che non ti aspetti. È un padre comboniano, uno che segue la dottrina sociale della Chiesa, quindi il suo intervento non è lontano dal suo universo culturale. Sono i toni che sorprendono. L’arcivescovo di Campobasso è il presidente della commissione lavoro della Cei. Il suo è un ruolo istituzionale. Le sue parole non rappresentano solo il suo pensiero. L’attacco alla coppia Monti-Fornero arriva da un’intervista pubblicata su Famiglia Cristiana.

E i concetti sono netti e duri. «Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio, perché resta invenduto in magazzino». Bregantini da giovane ha lavorato in fabbrica. Il rimprovero che fa al governo è di aver lavorato troppo in fretta, tagliando dal tavolo delle trattative la Cgil: «Lasciarla fuori è una perdita di speranza notevole, un grave errore. È il primo sindacato italiano per numero di iscritti». L’ultimo affondo è dedicato all’inutilità della riforma.

«Diminuirà o aumenterà il precariato dei nostri ragazzi? Riusciremo ad attrarre capitali ed investimenti dall’estero solo perché è più facile licenziare? Sarà snellita la burocrazia?».

Sindacalisti, ex magistrati, vescovi e lùmbard. Che stramba compagnia questo nuovo Quarto Stato. Più che Pellizza da Volpedo sembra Andy Warhol.

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