Il vizietto antico dei compagni

Per carità, la storia della Repubblica è piena di brogli nelle urne e nei congressi, traffici di tessere e traffici di schede, preferenze rubate, voti rubati, comprati e venduti, questa (anche) in fondo è democrazia, baby. E in questi traffici si sono distinti quasi tutti nel passato: democristiani, socialisti, socialdemocratici e cani sciolti, specialmente nella prima Repubblica erano specialisti, mentre tutt'altra storia riguardava - e riguarda - l'apparato del vecchio Pci, poi Pds, poi Ds, eccetera (c'era anche un Ulivo di mezzo?) fino ad arrivare ai tempi nostri del Pd.
Perché tutt'altra storia? Perché quella che viene dal Partito comunista è una disciplina che fa parte - anche se oggi se ne è persa un po' la memoria - della tecnica della presa del potere. Nel Dna dei comunisti europei c'è la storia della Rivoluzione russa e della presa del Palazzo d'Inverno. No, state tranquilli, oggi il Palazzo d'Inverno non c'entra, ma lo spirito della conquista con la baionetta del centro nemico da conquistare, è rimasto vivo anche se in sordina.
Quindi ci sono brogli volgari e brogli sofisticati: questi ultimi sono considerati in quell'area come necessità illegittime, ma nobilitate dall'idea di vittoria: se nei partiti rubano tutti, o molti, fra chi ruba si distinguerà chi ruba per il partito da chi ruba per le proprie tasche. L'etica è a geometria variabile e in quest'area politica è gestita secondo una tradizione micidiale. Ne sanno qualcosa tutti gli scrutatori e rappresentanti di lista nei seggi elettorali, quando hanno dovuto affrontare la sopraffina abilità di manipolatori di schede (...)

(...) abili come giocolieri. Dove c'è gente allenata nell'antica casa comunista, i voti e i consensi si moltiplicano come i pani e i pesci.
E poi le tessere. Ora nel Pd è in corso una guerra civile abbastanza incivile per le primarie, e questo anche fa parte della democrazia. Ma l'idea di mettere uno spacciatore di tessere, un pusher, dietro l'angolo col bavero alzato e la cicca fra le labbra, poteva soltanto venire da quella scuola. Dietro il pusher di tessere c'è un mondo, una morale (doppia o tripla poco importa) e una prassi. Arriva un giovanotto che sai che voterà per la tua lista, ma il poveretto non si è tesserato, mentre la tessera è obbligatoria. Non ha una lira, o un euro, e di euro ne servono un paio di decine circa, a seconda della Regione. Che fare? Ecco che arriva il soccorso rosso a sostegno del compagno aspirante segretario. Se sia o no Renzi, Cuperlo o Civati, poco importa. L'uomo dal bavero alzato e la cicca fra i denti ha una borsa lisa di vecchio cuoio screpolato, le dita gialle di nicotina e lo sguardo sfuggente. È lui che acciuffa l'aspirante votante (delle cui intenzioni di voto è ben consapevole) e se lo tira - immaginiamo noi - in un capanno o un oscuro sottoscala. Il giovane sprovvisto di tessera già teme il peggio, ma il dealer lo rassicura: eccoti i soldi, compagno, gira l'angolo e troverai un altro compagno che ti dà la tessera. E con quella vai a votare.
Ed è questo genere di spettacolo che ha indignato il senatore Esposito, quando ha visto soldi e tessere passare di mano in un intreccio tutt'altro che limpido. Può però in un certo senso rassicurarsi: questo spaccio indica che la lotta per il potere è realmente aperta e che il partito si sta trasformando in uno scannatoio, e dunque indica anche che il conflitto è vivo e letale e che le regole sono calpestate, dunque la democrazia è calpestata ma a suo modo viva.
È doveroso segnalare che questo episodio è ancora minimo rispetto alle leggende metropolitane dei brogli e delle faide a coltello nel Pd. E lo facciamo anche per ricordare quanto poco sia garantito che il sistema delle primarie funzioni, almeno in un Paese come il nostro dove ai normali commerci di tessere e voti si aggiunge l'antica tradizione della conquista del potere anche per vie losche, dietro l'angolo, dove qualcuno col bavero alzato ti passa una tessera mancante sottobanco.

segue a pagina 3

di Paolo Guzzanti

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