Le inutili magìe di Crespo, bomber senza un posto fisso

Due gol, l’istinto rinnovato del cobra. E la frustrazione di non esserci quando la partita diventa una battaglia. Il destino del gaucho che Mourinho vuole riportare a Londra

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Paolo Marchi

nostro inviato a Istanbul

Il volto nero di rabbia di un Pippo Inzaghi, che a un’ora dal fischio di inizio se ne va in tribuna, si specchia in quello prima sorridente e poi angosciato di Hernan Crespo che una serata come quella di ieri chissà per quanto tempo se la ricorderà: segnare una doppietta nella finale della Champions League e finire sconfitti rocambolescamente è un’esperienza irripetibile nel bene e nel male. Povero Crespo: la sua serata si era presentata esaltante con due gol di bellissima fattura. Poi la sostituzione e la disperazione di vedere i propri compagni sconfitti in modo a dir poco incredibile.
Kakà a costruire, Shevchenko a rifinire e lui, l’argentino che il 5 luglio compirà trent’anni, a concretizzare per il 2 a 0 al minuto 38 dopo che dieci minuti prima l’assistente sotto la tribuna principale aveva pizzicato Sheva in offside. E così, questione di centimetri, il raddoppio che l’ucraino pensava di avere partorito con fulmineo scatto e tiro in diagonale, lo scodellerà il partner di reparto che a lungo non è stato però certo di esserci.
Crespo ha dovuto vincere la concorrenza dell’italiano. Certo, Inzaghi arrivava da un infortunio e da un difficile, faticoso ritrovarsi ma adesso che è sul trono d’Europa non bisogna scordarsi che Crespo è arrivato a Milano in prestito dal Chelsea e che quando era all’ombra della Madonnina, la metà interista, non aveva fatto certo miracoli. Era insomma la terza scelta, quella in ballottaggio con Tomasson dietro all’ucraino e all’azzurro. Poi più ci si avvicinava alla finale, più gli indizi indicavano in lui, nel sudamericano, il prescelto, ma mai ufficialmente. Alla vigilia lo stesso Ancelotti si era concesso una battuta: «Giocherà Crespo? Vedremo se fargli giocare un tempo, se farlo giocare dall’inizio, vedremo...». E allora era sì chiaro che sarebbe partito titolare, ma che Inzaghi se ne andasse in tribuna quella era una eventualità opposta a un Pippo dentro nel finale, per rapinare un golletto in situazione di parità.
Ma da questo a pensare che Inzaghi se ne andasse in tribuna... impossibile da divinare. E lo stesso si può dire della grandezza del primo tempo di Crespo al suo primo anno in rossonero e forse anche l’ultimo perché Abramovich da Londra ha già fatto sapere, e in anticipo rispetto a Istanbul, di volerlo indietro, troppo prezioso per il suo Chelsea o, in alternativa, troppo caro sul mercato. Quanto può valere adesso? Quaranta milioni di euro? Cinquanta? Nel dubbio, il miliardario russo ha fatto sapere che potrebbe lasciarlo al Milan in cambio di Shevchenko e questo è come voler dire che è incedibile perché il Diavolo non si priverà mai di un pallone d’oro per avere la euro-spalla d’oro. D’oro perché Crespo è stato grandissimo, dopo una stagione ricca di infortuni. Negli ottavi gol allo United all’Old Trafford (1 a 0) e gol, per un altro 1 a 0, a San Siro. In assoluto nelle coppe trentatré reti in sessantasei incontri. Non male questi numeri: un botto ogni due partite. Poi le reti vanno pesate, come le azioni nei consigli di amministrazione, e allora le due anti-Manchester e quelle al Liverpool appartengono a un’altra categoria.

Quello che l’argentino non avrebbe immaginato è l’altra faccia della finale turca: quando al minuto 38 e poi al minuto 43, come Inzaghi non si aspettava di finire tra i tifosi vip, come Hernan non pensava proprio che dopo l’intervallo, gli inglesi in un quarto d’ora avrebbero pareggiato i conti e rimesso in discussione il trono che lui si era eretto sotto gli occhi del suo «neino» ma anche del più grande di sempre, argentino a sua volta, Diego Armando Maradona.

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