Dario Vergassola, le è mai capitato di avere paura e contagiare qualcuno?
«Io sono un portatore di panico. Ma secondo me la paura non si attacca, la mia teoria è un'altra: che la paura segua il principio dei vasi comunicanti».
Si spieghi meglio.
«Chi si trova accanto a una persona terrorizzata non viene contagiato ma viene investito da una sorta di affetto materno, o paterno, per consolare l'altro. Insomma vale il detto del Mal comune mezzo gaudio, senza raddoppiare il male».
Ma pensi alla classica scena di panico in aereo.
«L'aereo mi fa paura anche solo a parlarne ora. Ma ogni volta che mi siedo su un aereo, la persona accanto a me diventa più calma. Diventa caritatevole per calmarmi. O risoluta, per scuotermi».
E come la mettiamo con lascensore?
«Evito di prenderlo, per paura che si blocchi».
Ma lei è sempre stato così?
«Da ragazzino non lo ero. Quando abitavo a La Spezia, la mia casa era in un bosco, vicino a una grotta. Tutte le sere facevo una strada buia senza problemi, poi una sera è cambiato qualcosa».
Cosa?
«Ho pensato che potevo incontrare cose terribili, fino ad allora non mi era mai venuto in mente e non mi era mai successo niente. Quella sera invece ho sentito un rumore alle mie spalle e mi sono trovato, in men che non si dica, a casa».
E poi cosa è successo?
«Da allora ho sempre avuto paura.
Come fa a convivere con le sue paure?
«Le controllo. La paura fa 90, ma se il limite è 130, come in autostrada, rispettando i limiti non succede nulla. Bisogna mantenerla sempre allo stesso livello».
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