Costanzo Celestini, il mitico giocatore numero 4 del Napoli delle meraviglie, quello dei due scudetti, coppa Uefa e Italia, formato da campioni del calibro quali Garella, Bruscolotti, Ciro Ferrara, Renica, De Napoli, Carannante, Bagni, Carnevale, Careca, Giordano e Maradona, quando decise di appendere gli carpini al chiodo (dopo avere giocato ancora in B e C), decise anche di rimanere nell'ambito calcistico ma non in quello che lui stesso definisce, "il calcio del dio danaro".
Le offerte per qualche panchina di prestigio non gli sono certo mancate ma lui, napoletano verace e senza peli sulla lingua taglia corto: «Fare l'allenatore è la mia massima aspirazione, il prossimo anno ho deciso di allenare la Caperanese con gli stessi stimoli come se allenassi una squadra di serie A». Celestini precisa anche il perché: «Oggi il professionista si prostituisce, il dilettante invece offre, preferisco allenare una squadra di provincia per merito, piuttosto che un club di serie A solo perché sono stato raccomandato».
La grinta, la determinazione e l'abnegazione che lo hanno sempre contraddistinto, tanto da essere considerato da tutti il «gregario» di Diego Armando Maradona ovvero, colui che correva per il «Pibe de Oro», lo hanno portato alla ribalta anche nel calcio semiprofessionistico ligure, dove ha deciso di rimanere anche la prossima stagione per allenare la Caperanese (Chiavari). Ha «assaporato» il calcio ligure per caso, «anziché accettare l'offerta di una buona società siciliana, ho accettato quella della Lavagnese, meno congrua ma più genuina», e la prossima stagione, alle dipendenze di Stefano Risaliti, l'ambizioso presidente della Caperanese, tenterà di raccogliere ciò che di buono ha seminato.
Un trampolino di lancio per tornare nel calcio che conta? Nemmeno per idea, il roccioso combattente la pensa esattamente come quando smise ossia, fuori dal calcio malato: «Ripeto, per stare nel mondo dei professionisti bisogna scendere a compromessi, io amo la libertà e la mia dignità».
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