Massimo Piombo, outsider dello stile, da anni segue un percorso personale nella ricerca di autentici valori. Nel suo elegantissimo stand a Pitti - tappeti, divani di raso e musica classica - irresistibili tentazioni trasferiscono nel prêt-à-porter i concetti della haute couture e catturano lo sguardo. La giacca doppiopetto in lana scozzese lavata e bottoni fatti a mano, la mantella in panno tinto in capo con una serie affascinante di colori, il montgomery piumino. Insomma una presa di distanza dal crescente imperversare della mediocrità.
Signor Piombo, è tempo di tornare alla bellezza?
«Seguo, al contrario, il percorso di Zola, filosofo che ha combattuto il brutto in tutte le espressioni della vita. Io mi preoccupo di recuperare il bello, senza curarmi del lusso».
Da dove parte la sua ricerca?
«Un aspetto fondamentale del mio lavoro è prendere il meglio delle tradizioni e delle eccellenze siano inglesi, francesi, scozzesi piuttosto che giapponesi o indiane. Per esempio vado in Scozia per acquistare gli shetland ma poi li faccio lavare in Italia per trasformarli in tessuti più leggeri mentre a Lione faccio stampare con nostri disegni meravigliose sete».
A chi è rivolto un prodotto così sofisticato?
«Non certamente alle fashion victim né a persone che non hanno una precisa visione della vita. Da anni dialogo solo con chi è alla ricerca di pezzi unici che finiscono, sentimentalmente, per appartenerti. E dato che la volgarità ha invaso e soffocato lanima delle persone, cerco di dare una nuova possibilità di salvezza attraverso il vestire».
Chi le ha trasmesso questa sensibilità?
«Ho avuto un nonno che importava stoffe e la sensibilità verso il bello è nel mio Dna a prescindere dalla professione che ho scelto. Il mio grande amore per la ricerca sarebbe stato identico anche se avessi fatto il venditore di cioccolato o di orzo».
Che cosa ci vuole per continuare ad amare il proprio lavoro?
«La passione spericolata di un alchimista e lapproccio giocoso e leggero verso un lavoro che non ho scelto per puro business. Mi auguro che le nuove generazioni abbiano la capacità di fare quello che sentono senza preoccuparsi dei condizionamenti finanziari».
Come giudica il mercato della moda del dopo crisi?
«Ancora drogato da se stesso perché cè uneccessiva offerta e per di più molto volgare. La crisi farà pulizia di quelle persone che questo lavoro lo fanno senzanima e senza cultura».
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