Bagdad - Non è stato amore a prima vista, ma neppure uno scambio di stilettate. Zalmay Khalizad ha allungato una mano, Abbas Araghchi l'ha stretta. Così l'ambasciatore americano a Bagdad e il vice ministro degli Esteri iraniano hanno rotto nella capitale irachena il ghiaccio e l'attesa Conferenza sull'Irak, chiusa tra i recinti superblindati della cosiddetta Zona verde, è potuta partire. Fuori non è cambiato nulla. Mentre Khalizad e Araghchi si studiavano, tre bombe di mortaio esplodevano intorno al palazzo del ministero degli Esteri. Nel quartiere sciita di Sadr City un camion bomba metteva a segno la quotidiana carneficina mandando al creatore 35 vite innocenti transitate per la sua strada. Dunque nulla di diverso dal solito.
Mentre nel chiuso della zona verde si provava a costruire un dialogo tra nemici, fuori l'orrore quotidiano si replicava indisturbato. Ma almeno per una volta le luci della ribalta hanno illuminato la politica e dimenticato i massacri. E se iraniani e americani erano i protagonisti assoluti, i diplomatici di Damasco non erano da meno. Accusati ripetutamente di aver favorito l'infiltrazione degli insorti e di aver offerto loro rifugio e protezione, i rappresentanti siriani sedevano ieri allo stesso tavolo di americani e iraniani, al fianco delle delegazioni di Egitto, Bahrein, dei cinque Paesi del Consiglio di sicurezza dell’Onu, dell' Organizzazione per la conferenza islamica e della Lega araba. Le novità per ora sembrerebbero fermarsi qua. Di contatti diretti tra americani e iraniani nessuno vuole sentire parlare. Khalizad si limita ad ammettere qualche battuta di cortesia scambiata «direttamente e davanti agli altri delegati».
Il compassato Araghchi nega qualsiasi incontro privato con Khalizad e riduce tutto il dialogo «alla cornice dell'incontro» ammettendo solo qualche «buono scambio» tra le delegazioni. L'ambasciatore americano aggiunge che tutte le discussioni e i rapporti sono incentrati e limitati all'Irak senza voler aggiungere neanche una virgola di più. Se qualcosa succederà, non sarà insomma in quella sala sotto i riflettori delle televisioni, ma nelle stanze segrete o in sedi lontane.
Finiti i convenevoli sia l'ambasciatore americano sia il capo delegazione iraniano non hanno rinunciato a mettere sul tavolo le rispettive rimostranze. Khalizad ha puntato il dito contro gli iraniani accusandoli di armare addestrare e finanziare gli insorti. Araghchi ha ripetuto la richiesta di un immediato ritiro delle truppe americane e straniere dal suolo iracheno. «Abbiamo bisogno di un calendario per il ritiro delle forze straniere», ha insistito il delegato iraniano ribadendo che «la violenza in Irak non favorisce nessuna nazione mediorientale».
Rispondendo indirettamente alla delegazione di Teheran che aveva richiesto un immediato rilascio dei cinque iraniani catturati dalle truppe americane nel consolato di Arbil, Khalilzad ha negato la presenza di diplomatici tra i detenuti della coalizione. Un modo elegante per dire «Quei vostri uomini o erano o spie o mercenari».
Iraniani, americani e gli altri Paesi partecipanti all’incontro di ieri si ritroveranno in april a Istanbul per una Conferenza bis sull’Irak, ma questa volta a livello di ministri degli Esteri.
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