Ischia, frana un monte e sommerge una famiglia

Carmine Spadafora

da Ischia

Alle sei di una brutta giornata di primavera, devastata da una pioggia che durava da 48 ore, un pezzo del monte Vezzi, frana sulle case dell'Arenella, una località di campagna di Barano d’Ischia. Un’abitazione viene abbattuta da un torrente di sassi e fango mentre una seconda casa regge all'urto della frana. Un'ora più tardi, una seconda frana rischia di travolgere le centinaia di soccorritori, a cominciare dai vigili del fuoco, accorsi con tutti i mezzi disponibili, compresi 3 elicotteri, all'Arenella. In poco tempo, Ischia, da isola felice e di divertimento, si trasforma in luogo di dolore. Sotto le macerie resta una intera famiglia: muoiono un padre e tre figli, scampano alla morte la moglie e una nipotina di 3 anni.
Ai limiti dell'impossibile il lavoro dei vigili del fuoco, che hanno dovuto fare i conti con un percorso impervio e con una pioggia che continuava ad abbattersi sull'isola. Anzi, il bilancio delle vittime ha rischiato di aggravarsi quando, i pompieri, mentre stavano scavando tra le macerie, hanno corso il pericolo di essere travolti da una seconda frana: sono rimasti illesi per miracolo.
La tragedia di ieri ricorda, anche se in proporzioni nettamente inferiori, la sciagura che colpi Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano il 5 maggio 1998, quando, 137 persone persero la vita a causa di una frana che si staccò dal monte Saro e andò ad abbattersi su case, chiese, negozi e scuole. Otto anni fa come oggi, sul banco degli accusati è finito quel dissesto idrogeologico, male mai curato dai pubblici amministratori. Commenta il capo del Dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso. «Paghiamo inerzie di decenni, anni in cui abbiamo abusato del territorio. Adesso bisogna intervenire con la manutenzione delle zone più a rischio, per evitare in futuro tragedie come questa».
Eppure, il monte Vezzi, era già da tempo considerato a rischio a causa di un pauroso incendio che divampò due anni fa, probabilmente minandone la staticità. La pioggia che si è abbattuta sulla Campania e, in particolare sul napoletano, negli ultimi tre giorni, probabilmente gli ha dato il colpo di grazia.
Un sorriso è spuntato sul volto dei vigili del fuoco, accorsi anche da Napoli oltre che dal distaccamento di Ischia quando, dalle macerie hanno tirato fuori ancora viva e illesa, la piccola Stella, 3 anni appena. L'ha salvata dal crollo del solaio dell'abitazione, il suo lettino a sbarre, che l'hanno protetta dalle macerie. Si è salvata anche la zia, Orsola Migliaccio, 40 anni, che aveva ricevuto tempo fa la piccola in affidamento dalla sorella.
Ma, per Orsola il dolore è immenso: sotto la frana sono rimasti il marito, Luigi Buono, 53 anni, le figlie, Anna, 20 anni, Maria, 17 e Giulia, studentessa di terza media di 13 anni. Zia e nipotina sono state portate in ospedale, l'una dopo l'altra. Commovente il loro incontro in corsia.
La solidarietà e il coraggio ieri mattina sono stati molto forti all'Arenella, luogo di morte e di disperazione. I volontari si sono uniti ai vigili del fuoco, ai carabinieri e alla polizia nelle ricerche. Un infermiere, ad esempio, Salvatore Bassi, si è lanciato tra le macerie alla ricerca di qualcuno che respirasse ma ha rischiato di essere travolto dalla seconda frana.
Nella tarda mattina, quando il fango era ancora alto trenta centimetri, è arrivato monsignore Filippo Strofaldi, vescovo di Ischia. «Devo benedire le salme», ha detto il prelato, mentre scendeva da una jeep dei carabinieri. Strofaldi si è immerso nel fango ed ha raggiunto il luogo della tragedia mentre uno dei cadaveri era riportato in superficie. «La mia presenza in questo luogo di disperazione e di lutto, vuole significare la mia vicinanza ai familiari delle vittime». Sarà il vescovo di Ischia a celebrare i funerali della famiglia Buono.
A fine serata la Protezione civile nazionale ha deciso di evacuare 250 persone dalla zona devastata dalle due frane.

Il dirigente della Protezione civile, Bernardo de Bernardinis, ha spiegato che «l' evacuazione è una misura precauzionale necessaria a causa del rischio che dopo la frana vi siano ulteriori smottamenti del terreno che si staccato dal monte Vezzi».

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