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Gli islamici attaccano Babbo Natale: disonesto

La Fatwa di un imam turco contro Babbo Natale, considerato il simbolo della contaminazione consumistica e mondana dei riti occidentali

Gli islamici attaccano Babbo Natale: disonesto

Quest’anno l’ha sfangata per un pelo, ma l’anno prossimo sarà tutto un altro viaggiare. È opportuno che i servizi di sicurezza occidentali aggiungano subito alla loro lista di protezione il nuovo obiettivo sensibile: Babbo Natale. Anche lui, persino lui, è finito con le sue renne in mezzo alle guerre di religione. Mentre rientrava in sede dopo le fatiche della magica notte, l’ha raggiunto una fatwa personalizzata, una di quelle dichiarazioni che le autorità religiose musulmane diffondono tra i fedeli per chiarire in modo definitivo le questioni di fede.

Secondo Suleyman Yeniceri, imam di Kusan, cittadina nel nord-ovest della Turchia, è ora di finirla, prima ancora di cominciarla, con questa simpatia che in alcune zone e in alcune famiglie dell’islam sta diffondendosi nei confronti dell’anziano slittatore. Il motivo fondamentale della drastica censura sta nel Corano. Come si legge nella sacra scrittura, le persone oneste entrano sempre in casa dalla porta principale. Se qualcuno passa da un’altra parte, non ha la coscienza a posto. Immaginiamo quale razza di tanghero debba essere Babbo Natale, che scende sempre dal camino.

Nella storia secolare delle spedizioni natalizie già altre insinuazioni si erano diffuse qua e là: Babbo Natale sfrutta le renne e non paga nemmeno il notturno, Babbo Natale è uno zotico che entra nelle case a tutte le ore senza nemmeno avvertire, Babbo Natale è un alcolizzato. Ma che fosse un inquietante farabutto, una così brutta persona, talmente equivoca da evitare accuratamente la porta d’entrata, nessuno l’aveva sostenuto mai. Ora la fatwa lo inchioda alle sue responsabilità: nel mondo musulmano, non è persona gradita.

Per il vecchio barbuto, da sempre convinto di distribuire soltanto gioie e sorrisi, è una cocente disillusione. C’è una grande parte dell’umanità che vuole impallinarlo. Non dev’essere per niente allegro finire sul libro nero degli imam assieme al Grande Fratello e ai Pokemon, già colpiti da analoghi anatemi. Purtroppo, l’islam teme fortemente la contaminazione consumistica e mondana dei nostri riti: pure l’arrivo degli alberi di Natale nelle vetrine e negli hotel degli Emirati Arabi, tempo fa, aveva scatenato la dura reazione delle autorità religiose. L’imam turco si è espresso in modo molto chiaro: «Il Natale non è una nostra festa», dunque vanno evitati anche brindisi alcolici e regali.

Ovviamente non è il caso che dalla sponda cristiana si replichi allo stesso livello, allestendo sui due piedi un’orgogliosa crociata in difesa dei nostri simboli più cari e delle nostre radici religiose. Energumeni e nerboruti d’Occidente, che scoprono la loro fede soltanto quando c’è da menare le mani contro i musulmani, stavolta possono mettersi tranquilli: Babbo Natale, per quanto buono e caro, ammesso persino che sia una persona di specchiata moralità, non è un simbolo religioso. L’unico vero simbolo del nostro Natale, titolare riconosciuto da duemila anni, resta il bambinello candido e infreddolito, nato da ultimo per essere il più grande dei grandi. Di questo soltanto dobbiamo essere pronti a parlare con i musulmani, tranquillamente e serenamente.

Già per non mortificare i loro bambini abbiamo abolito il presepe a scuola: inventarci risse sulla rettitudine di Babbo Natale, francamente, è fatica che possiamo evitarci. Conviene lasciare la questione all’imam turco, se tanto lo preoccupa.

A noi occidentali cristiani, caso mai, interessa sottolineare un piccolo dettaglio: la Turchia, 99% di popolazione musulmana, vuole essere Europa. Ma se non sopporta manco Babbo Natale, su che basi ci si può intendere?

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