Italia a effetto Juve supera l’esame di maturità Un gol lampo vendica l'inno di Mameli fischiato

Marchisio subito a segno ma non brillano gli attaccanti tascabili e Montolivo. Difesa sicura, Buffon una trincea. Il pari costringe la Serbia allo spareggio. L'inno di Mameli fischiato e storpiato, ma un gol lampo lo vendica

Italia a effetto Juve supera l’esame di maturità 
Un gol lampo vendica l'inno di Mameli fischiato

Superato l’esame di maturità dalla nuova Italia. Non proprio a pieni voti, non c’è il trenta e lode sul libretto di Prandelli, ma la sufficienza è garantita. Di questi tempi, per le quotazioni del calcio italiano in ribasso, è un attestato di fiducia che fa bene all’intero movimento. E con la sufficienza nel voto incassa anche un risultato positivo, pari brillante, che rappresenta un buon investimento da spendere in vista del sorteggio del prossimo europeo: garantisce infatti di finire in fascia due e non in quella tre, non è un dettaglio insignificante per la composizione dei gironi della prossima estate. Uscire vivi dal Marakana di Belgrado (clima bollente) è un’altra citazione speciale da aggiungere alle altre medaglie sul petto degli azzurri di Prandelli: la qualificazione arpionata in largo anticipo anticipo, il pareggio nell’amichevole con la Germania, il successo sulla schiena della Spagna. Adesso c’è anche questo 1 a 1 di Belgrado che rischiara la strada verso Polonia e Ucraina. Il destino della Serbia invece resta in bilico, legato all’esito della prossima sfida. Non brilla l’Italia migliore, dei due attaccanti tascabili, non brilla nemmeno Montolivo che nel clima incandescente un po’ si disunisce ma resiste con fiera determinazione la difesa avvitata su Buffon e sul quasi blocco juventino.
L’effetto virtuoso (della Juve) sulla Nazionale di Prandelli è immediato, come una scarica elettrica ma dura mezza frazione, la prima. Non è solo una questione di numeri (sei su undici gli esponenti della real casa bianconera) che pure parlano un linguaggio efficace. L’effetto virtuoso è quello che spinge la replica-rasoio promossa da Buffon attraverso un lancio a favore di Pepito Rossi, capace di trasformare un rimpallo favorevole in un assist goloso per l’arrivo a rimorchio di Marchisio, il magnifico eversore del Milan solo qualche giorno prima a Torino. L’effetto virtuoso si srotola più avanti fino all’insidiosa imboscata di Rossi in area serba (l’uscita provvidenziale del portiere di Belgrado «mura» la conclusione dell’americano di casa nostra) e agli interventi in sicurezza di Barzagli e Buffon, segno evidente che la scelta di Conte (dirottare a sinistra Chiellini, questa volta dedicato a frenare il compagno d’armi Krasic) è condivisa in modo convinta dal ct. Se sono d’accordo in due, il tecnico della Juve e il selezionatore azzurro, Chiellini è bene che si rassegni a rientrare nell’antico ruolo, a difesa dell’argine sinistro. È più faticoso il mestiere d’accordo, ma di sicuro sono maggiori i vantaggi assicurati alla patria che i tormenti traditi in passato.
L’effetto virtuoso si esaurisce appena Ivanovic, giusto a metà del primo tempo, con una piroetta singolare, da terra e in mischia, acciuffa il pareggio (con Pantelic in posizione di fuorigioco, toglie visuale a Buffon) che rimette in corsa la Serbia e sottopone l’Italia a un pericoloso martellamento. Buffon è una trincea di cemento (specie sulla punizione di Kolarov), Cassano si ritrova sostituito proprio quando si sveglia da un torpore più fisico che tecnico (un paio di imprese balistiche mettono affanno alla serbia e rompono l’assedio), il centrocampo azzurro regge con i suoi marpioni Pirlo e De Rossi, molto meno con Montolivo e nel bel mezzo della ripresa perde anche Marchisio (distorsione alla caviglia) rimasto risucchiato nel gorgo di Stankovic dopo quel blitz arrivato al culmine dei primi 54 secondi di partita.

E infatti proprio qui, a metà-campo, che Prandelli provvede a un significativo rimpasto scegliendo i due milanisti in panchina, Nocerino e Aquilani cioè, che non sono certo accreditati di una smagliante condizione fisica. Basta a quel punto il minimo garatito per portare a casa il pari fortemente voluto.

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