«Italia nel destino Diventerò leader dell’Inter di Mou

nostro inviato a Boston

Si chiama Lucimar Ferreira da Silva, noto come Lucio, 31 anni, brasiliano di Brasilia, campione del mondo nel 2002, oggi capitano della Seleçao. Sposato con Dione, tre figli, Victoria, Joao Victor e Valentina, una Champions League persa in finale contro il Real Madrid, lui con la maglia del Bayer Leverkusen, 2-1 il risultato finale e l’unica rete tedesca è sua.
Era il 2002, giocava in Bundesliga da due stagioni, 15 gol in campionato partendo da dietro. Il Bayern di Monaco gli corre dietro e lo prende a 12 milioni facendogli firmare un contratto triennale che poi Lucio prolunga nel dicembre 2005 per altri cinque anni. Il 16 luglio 2009 a sorpresa, soprattutto di Josè Mourinho, il Bayern annuncia che Lucio ha deciso di annullare l’ultimo anno di contratto per trasferirsi all’Inter.
Le cose non sarebbero andate esattamente così, l’amarezza del brasiliano per l’atteggiamento del club bavarese è già stato registrato, Lucio si aspettava più rispetto, ma ora gioca nell’Inter: «E se le cose andranno come spero, vorrei chiudere la carriera qui, con questa squadra meravigliosa». È il difensore centrale che permette di far giocare più alta la difesa proprio come vuole Mourinho, l’uomo che da dietro comanda la squadra e la fa salire. Talento, carisma e carattere all’esame della serie A.
Nessuna emozione?
«Conosco il vostro campionato perché in tante occasioni ho affrontato squadre italiane. Sono state sempre partite difficili e molto tattiche. Se riuscirò ad usare la mia intelligenza calcistica saprò adattarmi in fretta. Ma so che mi aspetta un esame difficile».
Josè Mourinho conta su di lei per schierare una difesa più alta…
«Ci stiamo lavorando, è una soluzione che possiamo sicuramente adottare. Questa per me è solo la prima settimana di lavoro, sto cercando di capire cosa vuole esattamente Mourinho e quali siano le sue idee. Ma credo che non sarà un problema adattarmi a qualunque schema lui abbia in mente».
Gira e rigira qui si finisce sempre per parlare di Champions League…
«Se una squadra è formata da un gruppo di giocatori di alto livello, è normale che si parli di Champions League. È un obiettivo di tutti».
Lei l’ha giocata, è anche andato in finale e poi non l’ha vinta…
«La Champions è giocata dalle squadre migliori d’Europa, tutte hanno grandi stimoli, e questa coppa è l’obiettivo principale di ogni club. Noi ora stiamo lavorando bene. Sono consapevole che siamo solo all’inizio della stagione, ma le cose che stiamo facendo mi piacciono».
Lei pensa di essere arrivato in un grande club?
«Mi dicevano che avrei trovato una squadra demotivata perché vince da diversi anni in Italia, invece a me sembra esattamente il contrario. Ho trovato dei campioni che vogliono confermarsi in Italia e vincere anche in Europa».
Pensa di poter diventare un leader di questa squadra?
«Fuori dal campo sono una persona molto riservata, è vero. Forse anche timido. Ma quando sono in campo mi pace parlare e aiutare qualunque compagno si trovi in difficoltà. Io amo il campo e credo che qualunque calciatore debba essere valutato per quello che sa fare lì, quando indossa una maglia e rincorre un pallone».
La sua prima partita è il derby, è vero che la cercava anche il Milan?
«Non era il Milan a cercarmi, ma altre squadre italiane. Nel 2003 con la Roma sembrava proprio tutto fatto, sono passati sei anni, si vede che l’Italia era nel mio destino».


Però adesso c’è il Milan nel derby…
«Ci siamo allenati bene, siamo pronti, ho capito l’importanza del derby di Milano ma vorrei dire che siamo ancora in una fase di preparazione, io penso che questa sia una amichevole che deve soprattutto servirci per crescere come squadra e come gioco collettivo. Anche se immagino che in partite come questa, molto sentite dalla tifoseria, il risultato conti moltissimo».

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