Jannacci regista della Mascula «Monologo di un’auto-attrice»

«La protagonista vive la passione per il calcio senza curarsi dei pregiudizi del suo paese»

Matteo Failla

Nel 2002 il grande pubblico ha conosciuto sul grande schermo, nella commedia anglo-tedesca Sognando Beckham, la storia di Jess, una ragazza indiana che amava il calcio ma viveva in una famiglia che aveva tutt’altri progetti per lei. Nello stesso anno, in Italia, Egidia Bruno vinceva il premio Troisi per il suo racconto La Mascula, scritto prima dell’acclamato film del regista Gurinder Chadha; la storia di un pallone calciato da gambe femminili nel Sud d’Italia, un racconto a metà tra comicità e leggerezza poetica.
Trasformato in monologo teatrale dalla stessa Bruno, con l’aiuto di Enzo Jannacci (che è anche regista dello spettacolo), La Mascula viene proposto al Teatro Libero, fino al 17 giugno, in pieno periodo di «febbre da Mondiale», tanto che nelle serate del 12 e 17 giugno lo spettacolo verrà anticipato alle 19.45 per lasciare spazio alla proiezione in sala delle prime due partite della nazionale.
Cosa porta in scena «La Mascula»?
«È la storia di una giovane ragazza del Sud Italia – spiega Egidia Bruno – che vive in un piccolo paesino della Basilicata tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, e che ha una vera passione per il gioco del calcio. Per la società che la circonda, Rosalba costituisce una vera anomalia, è un’adolescente che invece di cominciare a frequentare i suoi coetanei per trovarsi un primo fidanzatino è tutta intenta a tirare calci al pallone. È una passione che si porta dietro già da piccola, ma nelle sue aspettative non c’è la speranza di un futuro nel mondo del calcio, piuttosto una semplice manifestazione di ciò che le piace e la diverte. Rosalba costituisce un elemento di caos, è una ragazza che esce dai canoni della mentalità dei suoi paesani per vivere una sua scelta di indipendenza che non ha bisogno di provocare. Prosegue a giocare incurante di ciò che le capita attorno, non le interessano i pregiudizi e le occhiate di disappunto, perché lei non si sente assolutamente diversa: vive con cognizione di causa la sua gioia, è l’unica padrona delle sue scelte».
L’incontro con Jannacci, regista dello spettacolo, a quando risale?
«Lo conosco da circa cinque anni, abbiamo iniziato a collaborare prima che vincessi il premio Troisi. Ai tempi mi aveva scelto come attrice per mettere in scena un suo testo, che è stato presentato due anni fa al Filodrammatici, e dopo quell’esperienza gli ho chiesto di aiutarmi a far diventare il mio racconto La Mascula un monologo; e lui ha accettato».
Nello spettacolo ci sono anche tre canzoni inedite di Jannacci...
«Ci sono tre pezzi inediti e altre due sue canzoni che risalgono ad un po’ di anni fa, che tuttavia si adattavano benissimo all’atmosfera e ai contenuti de La Mascula: le abbiamo ripescate e me le ha fatte cantare. Nello spettacolo le basi sono registrate ma io canto dal vivo: ha voluto lasciarmi in primo piano anche da questo punto di vista, e questo è stato un gesto molto generoso».
Non accade spesso che un’attrice metta in scena un proprio scritto.


«Non è stato un qualcosa di premeditato, io da un po’ di anni sono coautrice dei miei lavori, ne ho scritti altri due prima di questi. Essendo attrice ho scelto di fare tutto da me, un po’ come i cantautori: non saprei bene come definire il mio ruolo, forse sono una “auto-attrice”».

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