Milanello La Juve è una cosa seria. Da ieri nei corridoi di Milanello campeggia questa consapevolezza apparecchiata da Allegri non certo con intenti didascalici. Anzi. «La sfida di Napoli è stata una conferma sul conto della Juve: ha vinto con la Lazio, ha rimontato due volte il Napoli a casa sua, cosa non facile, è ancora imbattuta» la sua spiegazione con un codicillo che è un pistolotto dedicato al suo gruppo. «Dobbiamo continuare a fare il massimo, poi se loro vincono sempre...».
E per fare il massimo e mettersi nella scia della Juve, il Milan deve subito migliorare il fatturato esterno visto che fin qui ha reso al meglio a San Siro mentre ha tradito una media deprimente in viaggio, 2 successi, 2 sconfitte e un pareggio, l’ultimo, a Firenze. Clamorosa anche la differenza in fatto di gol: 12 quelli seminati nelle ultime tre sfide milanesi, 8 complessivi nel corso dei cinque trasferimenti. «Dobbiamo migliorare la fase difensiva ed avere più cattiveria sotto porta» la ricetta semplice semplice di Allegri che, come Malesani, ha le sue spine nel fianco.
La prima è quella piazzatagli dai cronisti ieri mattina, a proposito del rinnovo contrattuale promesso ma non ancora arrivato matertialmente. «Avete sentito Galliani? Ha parlato del 2014: e questo per me vale»: l’interessato ha provato a fare lo gnorri, ha girato intorno alla scoglio per evitare di finirci sopra e procurarsi qualche ammaccatura. «Non c’è nessun problema, abbiamo parlato dopo Pechino e a quel colloquio siamo rimasti» è stata la risposta di Allegri che non ha negato, perchè non è uno capace di bluffare, di «avere l’ambizione di continuare ad allenare il Milan». Così, tanto perchè sia chiaro. E forse anche per liberarsi di qualche boatos attribuito ai famosi circuiti politici frequentati dal presidente Silvio Berlusconi. D’altro canto, il ritorno di Berlusconi sulla tolda della nave rossonera, è l’evento a cui Allegri ha fatto riferimento. «Speriamo anche che venga più spesso a Milanello» è stato l’invito, conferma di un rapporto mai messo in crisi nemmeno dall’esito della sfida con il Barcellona.
La seconda spina è rappresentata da Pippo Inzaghi, rimasto ancora una volta fuori dai convocati, non per un volgare pregiudizio ma per un calcolo tecnico elementare (in panchina al fianco di Robinho ci sarà il giovanissimo El Shaarawy: lui sì può fare la seconda scelta). «Per me può restare, avrà i suoi spazi, io con lui sono stato non chiaro, chiarissimo. Se poi a gennaio chiederà di partire, sono valutazioni sue. L’anno scorso vi ricordate Oddo e Jankulovski? Sembravano ai margini e invece alla fine hanno giocato anche loro» il ragionamento di Allegri. Che si è tolto anche un sassolino dalla scarpa con Seedorf rifilando una bella battuta («Lui si vede trequartista con Ibra più vicino all’area? Può iscriversi al supercorso di Coverciano!») all’olandese candidato alla seconda panchina consecutiva.
D’altro canto, questo è il momento in cui l’inseguimento alla Juve vale più di ogni rivalità interna, governata fin qui con personalità dal livornese. Che ha sciolto una serie di ballottaggi prima di puntare verso Genova: Van Bommel e Zambrotta sono rimasti a casa per guarire dai rispettivi acciacchi, così Antonini e Ambrosini hanno avuto via libera. Al pari dello stesso Yepes, chiamato a fronteggiare i centimetri di Caracciolo. Anche il dubbio più accreditato, in attacco, è svanito ben prima dell’ultima rifinitura, scortato dalla convinzione del tecnico.
«Zlatan gioca bene sia con Pato che con Robinho» ha dettato Allegri ed è difficile dargli torto.
Forse, attorno al perticone di Malmoe, è meglio il girovagare di Robinho, ma Pato è in crescita evidente, ha ripreso a segnare col Chievo, casualmente d’accordo, ma ha timbrato il primo cartellino della stagione, e con quel sigillo ha ricaricato le pile. Proprio l’anno scorso, a Pato, capitò di segnare a Marassi e al Milan di guadagnare un misero punticino. Per essere degni della Juve bisognerà fare meglio. Molto meglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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