Kamikaze all’assalto dell’Italia Libico si fa esplodere in caserma

MilanoQuando il caporale di guardia si è fatto avanti imbracciando il mitragliatore, l’uomo ha capito che non sarebbe mai riuscito a entrare nella caserma. Si è chinato verso la borsa, ha urlato qualcosa in arabo quindi si è fatto saltare in aria. E quando il fumo si è diradato l’unica vittima è stato proprio lui: braccia e gambe spappolate, occhi forse irrimediabilmente persi. Dilaniato da un ordigno artigianale ma comunque realizzato insieme con almeno un complice. Forse l’uomo arrestato in serata dopo una giornata di interrogatori. Un nordafricano, suo vicino di casa. Mentre per tutta la notte sono proseguite le perquisizioni alla ricerca di altri eventuali responsabili dell’attentato.
Finisce qui la corsa disperata di Mohamed Game, un libico di 35 anni, animato da fanatismo religioso ma forse più ancora dalla disperazione. Senza lavoro, occupante abusivo di una casa popolare con moglie e quattro figli e per di più ammalato di cuore, ha forse cercato «la bella morte». E al grido di «Allah akbar», «Allah è grande» ha assaltato la caserma Santa Barbara di piazzale Perrucchetti. Per armarsi Game ha usato del nitrato d’ammonio presente in molti fertilizzanti e quindi facilmente reperibile presso qualsiasi consorzio agrario. Quindi ha dovuto procurarsi un detonatore e qui salta fuori il complice: da solo non poteva costruirselo, ma ha dovuto trovarlo. Infine l’innesco elettrico: niente di più facile, Game di mestiere fa l’elettricista. Con la bomba sotto braccio ieri mattina poco dopo le 7 è uscito dalla sua abitazione di via Civitali 30, di fronte a San Siro, ha camminato per poco più di 500 metri e si è presentato all’ingresso della caserma. Di sicuro deve avere fatto qualche sopralluogo perché sapeva di non poter entrare dall’ingresso principale ma solo da quello carrabile e poco prima delle 8, all’arrivo dei primi soldati. Game dunque aspetta che arrivi un militare a bordo di una Fiat Punto bianca. Il corpo di guardia apre il cancello esterno, l’automobilista avanza lentamente per farsi riconoscere e l’attentatore ne approfitta per infilarsi tra il muro e la vettura. Un’impresa comunque disperata perché anche avesse superato quel posto di blocco, si sarebbe trovato chiuso nel cortile recintato da una cancellata. In ogni caso dalla garitta protetta da vetro antiproiettile esce con il fucile mitragliatore spianato il caporale Guido La Veneziana, 20 anni, originario di Brindisi. L’attentatore capisce di non avere scampo, urla qualcosa in arabo, si china e fa esplodere l’ordigno. La scintilla fa scoppiare non più di 50/100 grammi dei cinque chili di nitrato che il libico portava con sé. Sufficienti per dilaniarlo. Illeso il conducente della Punto, mentre il caporale La Veneziana riporta solo un graffio al volto. In un minuto arriva la prima volante, poi i medici del 118 che soccorrono l’attentatore. E mentre lo portano via lui punta un dito al cielo, a indicare Allah. Arriva gravissimo al Fatebenefratelli: perderà l’avambraccio destro, un occhio è già partito, l’altro difficilmente verrà salvato. La gamba squarciata è quasi il danno minore.
Dai documenti, gli investigatori risalgono alla sua abitazione, un alloggio popolare occupato abusivamente sette anni fa insieme alla compagna, ai due figli avuti dalla donna da un precedente matrimonio e ai due avuti insieme. Le indagini tendono a escludere la sua appartenenza a una formazione terroristica anche se l’uomo deve aver avuto almeno un complice. L’ordigno non è stato preparato in casa, dove non sono state trovate tracce di nitrato di ammonio ma altrove e per di più almeno qualche settimana fa. Inoltre, se Game poteva procurarsi facilmente il materiale e realizzare l’innesco elettrico, qualcuno deve avergli procurato il detonatore.

Insomma forse si tratta una micro-cellula «fai da te» con altri componenti ora da identificare. Per questo gli investigatori hanno sequestrato il suo computer, documenti scritti in arabo e portato in questura diverse persone tra amici e parenti. Nella notte l’altro arresto.

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