nostro inviato a Toronto
La notte non porta consiglio. E Silvio Berlusconi si alza esattamente dello stesso umore della sera prima quando, grazie ai favori del fuso orario, sè potuto sfogliare in anteprima una monumentale rassegna stampa. La testa è sul G8 che sè chiuso sabato a Huntsville e sul G20 che si è appena concluso a Toronto, le preoccupazioni però sono tutte sulle vicende italiane. Il caso Brancher, certo. Ma soprattutto il secondo affondo del Quirinale in soli tre giorni non passa inosservato neanche a migliaia di chilometri di distanza.
Lirritazione del Cavaliere è palpabile. Perché già due giorni fa aveva scelto di tacere e incassare la nota con cui il Colle entrava nel merito della richiesta di legittimo impedimento avanzata da Aldo Brancher ai magistrati di Milano per uno stralcio dellinchiesta Bpi-Antonveneta. «Irrituale», aveva ripetuto nelle sue conversazioni private, ma si era ben guardato dal criticare il Colle. Anzi, su suggerimento di Gianni Letta, il premier aveva scelto la via della mediazione. E alla fine il neoministro aveva fatto il passo indietro chiesto dal Quirinale, assicurando che non si sarebbe avvalso dello scudo.
Insomma, per Berlusconi una vicenda magari non chiusa ma certamente in discesa. Invece, sul Corriere della Sera è il direttore in persona a firmare un lungo resoconto della nomina di Brancher «vista dal Colle». Un articolo che difficilmente non ha avuto il via libera di Giorgio Napolitano, visto il tenore di molte delle considerazioni attribuite al capo dello Stato sulla vicenda («una pagliacciata»), ma anche sul ruolo di Giulio Tremonti e Roberto Calderoli («i padrini» di Brancher).
Per questo nelle conversazioni private il Cavaliere non si limita più a parlare di gesto «irrituale», ma usa toni ben più coloriti. Perché lattivismo di Napolitano, questo è il timore che prende piede nel governo, certificherebbe la volontà del Colle di remare contro il governo. Daltra parte, è il senso dei ragionamenti del premier, non si capisce perché tornare sulla vicenda oggi dopo il passo indietro di Brancher peraltro entrando così nello specifico. Un eccesso, secondo il Cavaliere, persino se fossimo in una Repubblica presidenziale.
A guardare le cose da Toronto, però, la sensazione è che ci sia anche qualcosa di più. Perché il fatto che Napolitano indichi in Tremonti e Calderoli i «padrini dello sposo» non passa inosservato. Berlusconi sa bene che loperazione è stata spinta dai due e benedetta da Bossi, tanto che non ha mancato di lamentarsene neanche ieri mattina durante un faccia a faccia con il ministro dellEconomia a margine del G20. E tanto da non aver affatto digerito il modo in cui Calderoli e Bossi hanno deciso di prendere le distanze da tutta la faccenda. Ma una cosa è saperlo, altro è vederla finire sui giornali per mano del Colle. Come se, ragiona il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli, «qualcuno cercasse di mettere Berlusconi e Bossi luno contro laltro». Quel qualcuno, se davvero così fosse, nel caso specifico sarebbe il Quirinale.
Di tutte queste cose il Cavaliere si lamenta prima con Letta e poi con Tremonti. Stufo comè di doversi sempre occupare di quelle che chiama «piccole questioni interne» anche quando è impegnato in importanti appuntamenti internazionali. È in giornate come queste che torna la tentazione di mollare tutto e rinchiudersi in qualcuna delle sue ville in giro per il mondo a mandare cartoline ad amici e nemici. Perché, ragiona, devo tenere testa alle solite beghe invece che poter pensare a rappresentare lItalia allestero o governare il Paese.
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