L’Agro Romano è in pericolo: al posto del verde solo gli Outlet

L’autorevole allarme di Adriano La Regina

Il nuovo Piano regolatore non aiuta certo a migliorare la situazione urbanistica nella Capitale. L’agro romano, grazie a quel documento, sta scomparendo, per lasciare il posto a nuove costruzioni, le quali, fra l’altro, non sono giustificate dall’incremento del numero di abitanti, ormai stabile da diversi anni. È un vero e proprio grido d’allarme quello che lanciano associazioni ambientaliste, ma anche esponenti autorevoli in materia, come Adriano La Regina, presidente del Parco dell’Appia Antica e il presidente del consiglio provinciale, Adriano Labbucci, che la scorsa settimana si sono riuniti per la quinta edizione del premio Antonio Cederna e hanno discusso anche di urbanistica. «L’effetto più spaventoso del nuovo Piano - dichiara Labbucci - è il consumo dell’agro romano. In poco tempo nella capitale gli ettari urbanizzati sono cresciuti da 41mila a 56mila». Secondo il presidente del consiglio provinciale, «il Comune è molto permeabile all’imprenditoria e poco attento alle esigenze sociali. Si costruisce troppo e in maniera dissennata, grazie al nuovo Prg». «Dissennata», perché il nuovo cemento in più non è giustificato dal crescere della popolazione. «A Roma nel 1951 c’erano 1,6 milioni di residenti e 6mila ettari edificati - spiega il giornalista Francesco Erbani, durante la presentazione del Premio Cederna -. Nel 2001 gli ettari edificati sono diventati 41mila, cresciuti di sette volte rispetto al passato, ma la popolazione non è nemmeno raddoppiata, essendosi attestata ai 2,5 milioni». «Anzi, dal 1981 i residenti sono addirittura diminuiti», continua Erbani. E secondo quanto sostiene La Regina, il nuovo Prg non migliora la situazione. Anzi, il presidente dell’Appia Antica definisce «illusorio» il fare affidamento su quel Piano e sostiene che per riqualificare la periferia e tutelare l’agro romano, «cose che si possono attuare contemporaneamente» si dovrebbe far ricorso a «uno strumento urbanistico tale da permettere ai Comuni di perimetrare determinate zone agricole, senza che la loro destinazione d'uso possa venire cambiata». «E quella norma - continua La Regina - dovrebbe sovrapporsi al Prg». Ma per ora una legge di quel tipo non c’è. Quello che resta ora è un agro romano in via d’estinzione e una cementificazione sempre più forte. «E nonostante si continui a costruire in diverse zone della città - continua Labbucci - rimane il paradosso di non riuscire a risolvere l’emergenza abitativa». «In realtà - sostiene La Regina - per dare le case alle fasce disagiate non serve distruggere la campagna romana, basterebbe riqualificare le zone in cui i suoli sono degradati». E per il presidente dell’Appia Antica non vale nemmeno il pretesto che in campagna gli appartamenti costano meno. «Spende meno solo chi costruisce in quelle aree, non chi casa l’acquista». Un altro problema legato alla «eccessiva edificazione», per Labbucci, è la mancata costruzione di infrastrutture, soprattutto viarie: «A Bufalotta e Ponte di Nona, ad esempio, si è costruita edilizia residenziale e commerciale senza pensare ai trasporti, con l’effetto di aumentare e congestionare il traffico delle nuove zone».

Per superare questi disagi, il presidente del consiglio provinciale lancia la proposta di «inserire come criterio vincolante per la realizzazione dei lavori pubblici la capacità di ridurre il traffico». Intanto, però, il cemento continua ad aumentare. Non solo case, ma anche centri commerciali, che a Roma sono 22, ma il loro numero crescerà.

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