L’amore e la famiglia vivono sull’isola del vento

RomaChi vive di bella stagione e di turismo somiglia al materasso: ha un lato estivo e uno invernale. Come mostrano, con la tipica filosofia meridionale del tenersi vicini al disincanto, gli sconosciuti protagonisti di Sul mare, brillante film numero sette del romano Alessandro D'Alatri (da domani nelle sale).
Tratta da In bilico sul mare (Edizioni e/o), romanzo di Anna Pavignano (già compagna di Massimo Troisi), tale commedia apparentemente semplice ma costruita nei dettagli formali finge di parlare d’amore, però affronta il tema delle morti bianche. E lo fa con levità, imbastendo intorno a Salvatore (Dario Castiglio, l’esordiente figlio di Peppino Di Capri) un rondò di umane avventure, che hanno per sfondo l’incantevole isola di Ventotene. Giovane com’è, Salvatore conosce l’asprezza del lavoro nero facendo il muratore d’inverno nei cantieri abusivi di Formia, dove salva la vita a un collega extracomunitario. Invano il padre marinaio lo vorrebbe con sé, sui traghetti di linea, intanto che la madre mette gli «scialatielli» sulla tavola spartana di casa: con la bella stagione arrivano le turiste e cambia lo scenario. Sbarca, infatti, la genovese Martina (Martina Codecasa), carina e snob quanto basta per colpire al cuore il giovane isolano. Nulla sarà più come prima: Salvatore perde la sua vitale sfrontatezza, quindi muore precipitando in mare.
Tutto qui? Soltanto a un primo sguardo, perché qui c’è un riuscito esperimento italiano che non fa leva su nomi di richiamo, ma sull’abilità narrativa del regista, fermo dai tempi di Commediasexi (2006). Girato in digitale, questo film denso di superfici marine blandite in lungo e in largo (con carezzevole sciabordio in presa diretta) è distribuito dalla Warner (250 copie), che punta sulla sperimentazione. «Sto promuovendo il film sul web, col carosello di Facebook, che mi permette di conoscere il pubblico, dialogando in rete. Questa è democrazia cinematografica», s’entusiasma D'Alatri, che voleva rimettersi in gioco. «Senza la paura di sbagliare, così diffusa, attualmente. Ho voluto dar voce a quella gioventù isolana che non ha Internet, non ha auto né moto. Ma può contare sulla famiglia. Una famiglia forte nella sua imperfezione: la famiglia perfetta non esiste. Lasciamola alla pubblicità», esorta il regista, che dal mondo della pubblicità proviene.
Tra i numerosi sottotesti del film, infatti, emerge quel legame specifico tra generazioni, come quando il padre di Salvatore di notte, in pigiama e canottiera di lana, dialoga col figlio davanti alla tivù. E gli spiega quello che sa della vita. «Volevo raccontare un’innocenza dell’anima. La famiglia che narro è forte, ma non è chiusa.

Forse, stare isolati fa bene», scherza D’Alatri, che ha girato in condizioni climatiche proibitive (Ventotene è l’isola del vento) e in velocità, con riprese sottomarine e aeree interessanti, soprattutto quando non cartolinesche.

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