Allinizio degli anni Settanta una signora con più di sessantanni aveva molta paura nel sottoporsi ad un intervento chirugico di protesi danca. Molti erano i rischi operatori e i risultati non erano spesso tali da soddisfare i pazienti. Oggi la medicina ha compiuto grandi passi avanti: i risultati acquisiti hanno superato le attese. Sono operati anche i grandi anziani, gli interventi sono sempre meno invasivi e consentono un recupero totale e rapido della motilità articolare ed il superamento del dolore. In Italia si eseguono ogni anno oltre 70mila protesi danca. Da pochi anni si è compiuto un nuovo grande passo avanti con l'artroplastica di rivestimento. Parliamo di questo intervento con il professor Antonio Moroni, un pioniere di questo trattamento chirurgico che ha reso non più necessaria la protesi danca.
Dopo uno stage in Inghilterra, a Birmingham presso il dottor Derek McMinn, dove ha appreso la tecnica chirurgica dell'artroplastica, Moroni ha eseguito in nove anni più di mille rivestimenti dellanca. Professore associato di patologie dellapparato locomotere presso luniversità di Bologna, dirige inoltre il centro di chirurgia di rivestimento dellanca nel Gruppo San Donato presso il Policlinica San Pietro (Bergamo) e la Casa di cura La Madonnina di Milano (antonio.moroni@unibo.it).
«L'artroplastica di rivestimento dell'anca - afferma Moroni - è un intervento mininvasivo, che non richiede lasportazione della testa del femore del paziente a differenza di quanto avviene con le protesi tradizionali. Questo approccio permette ai pazienti di recuperare in pochissimo tempo un'attività funzionale completa. Non presenta inoltre complicanze, come per esempio la lussazione o la differenza di lunghezza delle gambe, che avvengono con una certa frequenza con le protesi. I pazienti recuperano rapidamente la funzionalità dell'anca e ritornano a svolgere anche le attività sportive a cui erano abituati, senza correre il rischio di compromettere l'esito dell'intervento».
Esistono sportivi di fama internazionale che grazie a questo intervento hanno ripreso attività anche a livello agonistico quali la corse, lo sci, il calcio, il tennis ed anche le arti marziali. Il valore di questa nuova tecnica chirurgica si percepisce confrontandola con l'intervento tradizionale di protesi dell'anca. Quest'ultimo, infatti, richiede da parte del chirurgo l'asportazione della testa del femore ed anche di gran parte dell'osso del versante pelvico; inoltre, deve essere svuotato buona parte del canale femorale all'interno del femore, per inserirvi lo stelo protesico. Poi si recupera l'articolarità dell'anca finendo con il sostituire la testa originaria del femore con una sfera, che generalmente è molto più piccola di quella naturale del paziente. Con questo intervento protesico, quindi, non si riesce a replicare correttamente l'anatomia dell'anca. Con l'artroplastica di rivestimento, invece, - prosegue il professor Moroni - non facciamo altro che sostituire la parte che è realmente malata, nell'artrosi, cioè la cartilagine, con una cupola fatta di una particolare lega metallica, ricca di carburi, elementi simili alla ceramica che proteggono dall usura. Si ricopre pertanto la testa del femore con una sottilissima cupola metallica dello spessore di soli 2 mm e poi si inserisce un'analoga cupola metallica a livello del bacino, per sostituire anche la cartilagine pelvica. In questo modo, il collo e il canale del femore rimangono intatti, per cui vi è un notevole risparmio a livello delle strutture scheletriche e si mantiene il corretto diametro della testa del femore, elemento questo assai importante per ottenere un'ottimale funzione dell'anca e per eliminare il rischio di lussazioni. Inoltre, l'intervento è eseguito con una tecnica chirurgica particolare, che consente di non danneggiare alcuna struttura muscolare, come i muscoli glutei, lo fondamentali nella deambulazione». Anche nel caso di una situazione deficitaria ossea che coinvolga la testa del femore lintervento è possibile. « Abbiamo - precisa Moroni - una tecnica basata su autotrapianto osseo.
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