Riccardo Signori
nostro inviato
a Gelsenkirchen
LArgentina ha servito un amaro Montenegro alla Serbia. E uno straordinario dolce aperitivo calcistico a tutto il mondo. Argentina superstar e Serbia & Montenegro supertrash: alluvione di gol e alluvione di desolante impotenza. I mondiali di Germania hanno trovato la scossa che fa girar la testa, il bello del calcio raccontato dal football sudamericano: concretezza e tecnica al potere. Tutto quanto vuole il pallone. Cè da ringraziare anche la Serbia, perchè non sempre una squadra sa offrirsi con tanta generosità alle esigenze dello spettacolo. Ieri a Gelsenkirchen, stadio spaziale, tetto chiuso come fosse calcio indoor, ha vinto lo spettacolo, quello che fa audience, non quello che fa garanzia di successo. LArgentina è stata grande, divertente, straordinaria nel mostrare talento e talenti. Hanno segnato tutte le stelle dattacco: Crespo, Tevez, Messi. Ha trovato riscossa Esteban Cambiasso, lasciato in panchina per un quarto dora prima di ritrovare posto e gloria per linfortunio del povero Gonzalez, che pensava di giocarsi il posto in squadra ed invece si è giocato solo un muscolo.
Sei gol a zero come già ne avevano segnato nel 1978 al Perù, anno di gloria nazionale e di memoria nazionale. Fu campionato del mondo. E ieri ci hanno ripensato in tanti. Per primo Maradona che si sbracciava dalla tribuna e si è fatto sorprendere con il sorriso di un vecchio zio felice, quando Lionel Messi ha infilato in rete il primo pallone delle sue storie mondiali. Aveva detto Pekerman: «Messi è ancora un pibe, dobbiamo trattarlo come tale. Vedrete che giocherà tanti mondiali». Ieri ha giocato quindici minuti in cui ha fatto felici tutti. Forse non il ct che ora dovrà combattere le sue battaglie contro chi vuol Messi tutto e subito.
Partita giocata contro un muro di carta, la Serbia è svanita, svaporata dopo cinque minuti e non si è più ripresa. Ha subito tre gol in quaranta minuti, altrettanti nella ripresa, qualcuno ne ha evitato, ed ha cercato di far male solo con il vecchio e ansimante Milosevic. Ubriacata dal facile giocare argentino e dallanima perduta di molti suoi uomini. Annientata dagli avversari, capace di annientare solo i propri tifosi. Indecorosa nei leader, tanto da lasciar senza parole anche il telecronista della Tv di Stato. «Abbiamo fatto schifo, questa è una catastrofe, un disastro totale. Sono senza parole». E senza parole è rimasto. Bastavano le immagini, gli ultimi dieci minuti in cui il tridente composto da Crespo-Tevez e Messi ha preso a tirar colpi da ko. Il resto lo avevano fatto gli operai specializzati: Maxi Rodriguez ha cominciato il bombardamento dopo cinque minuti, ispirato da Saviola. Crespo ha servito un colpo di tacco a Cambiasso e lunico interista ad origine controllata (sarà confermato fino al 2010) ha sfoderato un sinistro da goleador. Mentre laltro, ovvero Stankovic che gli stava davanti, ha corso come fosse un podista, dimenticando di giocare a pallone. Maxi ha fatto lievitare il risultato, infilando palla in rete dopo lennesima ispirazione di Saviola così bravo, vivace e intuitivo da dare ragione a Pekerman che non gli vuol togliere posto.
Poi si sono scatenati i ragazzi terribili. Tevez e Messi tenuti in naftalina fino a ieri. Carlito è entrato dopo 13 minuti della ripresa, il pibe de oro bis a un quarto dora della fine. Ed insieme hanno terremotato la Serbia: affondo di Messi a sinistra e palla radiocomandata sul piede di Crespo dallaltra parte. Poi Tevez: un paio di finte e palla in porta con precisione millimetrica. Cambio di scena e assist da playmaker a Messi pronto ad incenerire tutti con il suo scatto.
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