L’arte del manifesto per un nuovo biscotto o una prima a teatro

Nelle sale della Fondazione Carige, tra Liberty e Stile floreale, i germi del modernismo

L’arte del manifesto per un nuovo biscotto o una prima a teatro

La promozione di un biscotto o di una marca di sigarette. L'inaugurazione di un nuovo passaggio sull'Isola Margherita, trait d'union tra Buda e Pest. E, ancora, la prima a teatro di una "Medea" o il vernissage di un'esposizione d'arte: eventi di natura diversa, le cui rotte s'incrociano in un mondo che, a cavallo tra '800 e '900, si rinnova ogni giorno al ritmo sincopato dell'industrializzazione. Teatro di questo incontro, destinato a influenzare profondamente la moderna grafica editoriale e pubblicitaria, i manifesti.
Luogo di sperimentazione e di un ricercato incontro tra l'arte e il quotidiano che, nel desiderio dell'unità progettuale, abbraccia architettura e arti decorative nella parabola del modernismo.
È in questa affascinante dimensione che proietta la mostra «Manifesta. Art Nouveau in Europa», ordinata nelle Sale Espositive della Fondazione Carige (Via G. D'Annunzio 105, Genova, fino al 28 marzo 2007). L'esposizione presenta, per la prima volta in Italia, una selezione di litografie originali provenienti dall'Accademia di Belle Arti di Budapest, fondata nel 1871. Le affiches, oggi restaurate e catalogate, sono state acquisite dall'Accademia a Parigi e a Monaco di Baviera tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, a scopo didattico.
Non ancora considerate opere d'arte, erano utili ad insegnanti e allievi per studiare forme e motivi stilistici. Nelle affiches, infatti, convergono i tratti distintivi di un movimento che si sviluppa a varie latitudini a cavallo tra i due secoli, noto in ciascun paese con un nome diverso - Art Nouveau in Francia, Liberty in Inghilterra, Stile floreale in Italia, Modernismo in Spagna, Jugendstil in Germania, Stíl modern in Russia, Szecesszió in Ungheria e Sezession in Austria - ma che si riunisce nel termine modernismo in virtù del suo aspetto, comunque, unitario.
Mostre, riviste, conferenze e, soprattutto, le grandi esposizioni mondiali sono il veicolo di diffusione di idee, innovazioni tecniche ed esperienze artistiche e la premessa per la nascita di un movimento che, all'interno delle accezioni nazionali, rivela quindi un respiro comune. Il germe di questa rivoluzione è lo spezzarsi della linea. Sinuosa ed elegante, s'ispira alle forme naturali e volge il proprio sguardo al lontano Oriente e all'antica arte medievale, ovvero all'essenzialità.
All'accentuato linearismo, dal carattere spesso metamorfico, si accompagna il rifiuto della prospettiva tradizionale e delle ombre: la composizione si delinea sulla doppia dimensione come nelle antiche icone e si accende nelle campiture nette, capaci di sciogliersi nel fluttuare del segno e di dialogare con un rinnovato corpus di caratteri grafici.
Gli umori e gli obiettivi del modernismo - che affonda le radici nel movimento inglese Arts and Crafts, per la volontà di riformare le arti applicate nella direzione del valore e della coerenza stilistica - trovano corpo nell'esposizione, che riunisce le opere di alcuni tra i più importanti artisti europei.
Da Eugène Grasset, che per primo rilesse l'estetica preraffaellita, disegnando figure femminili sognanti con fiori tra le mani ad Alfons Mucha, pittore cecoslovacco che creò con i suoi manifesti uno stile che ancora oggi porta il suo nome.
Da Parigi, ove l'emigrato tedesco Siegfried Bing, già attivo nel commercio di oggetti d'arte giapponesi, aprì "La Maison de l'Art Nouveau", il celebre negozio-galleria, all'Italia e a Milano in particolare.

Qui, ove i manifesti per l'opera godevano già di una lunga tradizione, appare l'affiche in "Stile Liberty" su richiesta dell'editore musicale Ricordi. E, ancora, Gisbert Combaz, Antonio Utrillo, Paul Berthon, Adolfo Hohenstein e molti altri per un'incursione, dal ritmo lento e avvolgente, nella grazia della poetica modernista.

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