Lautunno di Knut, ribelle vagabondo
15 Novembre 2005 - 00:00Torna, «in sordina», un classico dellautore premiato con il Nobel per la letteratura nel 1920
Con il tempo non si cresce, si invecchia. «Letà non porta nessuna maturità, letà porta solo la vecchiaia». È la verità che, toccando il mezzo secolo di vita, ammette in sordina lautobiografico personaggio cui Knut Hamsun assegna il proprio vero nome - Knut Pedersen - e un comune destino di vagabondo. Aveva cinquantanni lo scrittore norvegese nel 1909 cui data Un vagabondo suona in sordina (Iperborea, pagg. 208, euro 13; nuova traduzione di Fulvio Ferrari): coetaneo dellalter ego seguito come unombra già nel precedente Sotto la stella dautunno, scritto nel 1906 (Iperborea, 1995).
Non erano trascorsi che tre anni, dunque, dacché i due Knut si erano incamminati fianco a fianco; sei, nella finzione narrativa, dallavventura stellare e autunnale del protagonista, al suo ritorno sul luogo dellamore antico: la fattoria del capitano Falkenberg nelle campagne ancestrali e patriarcali di Øvrebø. Il paesaggio è lo stesso: maestosa la montagna, fiorito il bosco che promette di arrossarsi di bacche al ritorno dellautunno. Eppure lidillio è svanito. E non tanto per lassenza inquietante dellamante di un tempo. Il tempo, appunto, ha mutato ogni cosa: ha trasformato ogni bellezza - dellamata, della natura, del ricordo di una storia - in letteratura. «Ormai considero una donna - o il mio zelo ardente di giovane bracciante - come considero la letteratura», nota tra sé la voce che racconta.
Il tempo ha cambiato in pochi anni il passo del viandante e gli accenti del narratore. Le due cadenze sono sincronizzate e in sintonia: risponde infatti alle indicazioni di ritmo e intonazione messe in chiave dallautore il vagabondo che per eseguirne la composizione Suona in sordina. E la melodia suona stridula, dissonante, certo non più sognante. È la colonna sonora ideale per la stagione del disincanto. Delle utopie politiche perdute per il tradizionalista-reazionario? Comunque ribelle - che vagheggiava laristocrazia terriera e la nobiltà rurale di una società spazzata via dai tempi moderni e dalla democrazia. È la tonalità della stagione che, più fatalmente di un autunno delle stelle, intacca la forma narrativa: non più lineare e compiuta come quella che, appena tre anni prima, poteva chiudere nella cornice del romanzo lo splendore di una favola idilliaca. Nel 1909 Hamsun avviandosi alla dorata maturità, scriveva il suo capolavoro di arditezza stilistica.