La prevenzione cardiovascolare è un grande investimento, secondo una indagine realizzata dagli economisti dell'università di Roma Tor Vergata, coordinati dal professor Vincenzo Atella. È stata effettuata sulla base dei dati raccolti dai medici di famiglia attraverso un milione e mezzo di incontri con pazienti. LItalia potrebbe risparmiare già dal 2010 oltre tre miliardi di euro lanno in spese sanitarie (soprattutto ricoveri ospedalieri evitati) se adottasse le strategie più efficaci per abbattere leccesso di colesterolo nel sangue, che oggi è considerato dalle linee guida internazionali uno dei più potenti fattori di rischio cardiovascolare. È questo il dato principale che emerge dai risultati dellindagine che oltre ad indicare i risparmi complessivi offre anche un dettaglio delle economie realizzabili ogni anno, sempre nel campo delle malattie cardiovascolari, da ciascuna regione italiana. Sommando i relativi importi, nellarco dei prossimi 20 anni - è stato affermato a Roma in un incontro scientifico - è possibile registrare un risparmio netto di oltre 60 miliardi di euro, e di oltre 120 miliardi fino al 2050.
«I dati illustrati e le conseguenti possibili riduzioni della spesa sanitaria si fondano sui parametri attualmente utilizzati per valutare l'impatto economico della prevenzione cardiovascolare in pazienti con ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare globale medio-alti o elevati», ha affermato Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e rappresentante dell'omonima Fondazione. In questi pazienti l'intervento farmacologico per ridurre la colesterolemia è pressoché obbligatorio. Sarebbe interessante - sostiene Cricelli - un'indagine su individui a rischio intermedio, medio-basso o ridotto, in cui potrebbe bastare intervenire sugli stili di vita per recuperare una situazione armonica.
«Nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, l'obiettivo terapeutico è molto ambizioso: per la categoria a rischio più elevato, le linee guida richiedono, infatti, di portare il colesterolo-LDL sotto i 70 milligrammi per decilitro», ha commentato Alberico Catapano, ordinario di farmacologia all'università di Milano. «In questi casi l'intervento va condotto in modo adeguato e proporzionato all'obiettivo da ottenere, senza trascurare gli interventi sullo stile di vita. Il ricorso all'impiego dei farmaci risulta comunque necessario anche se lipercolesterolemia non è tutto. Il medico e il paziente devono essere entrambi convinti che al centro va posto sempre il rischio cardiovascolare globale di ogni soggetto e non il singolo fattore.
«La stretta collaborazione tra le istituzioni e la ricerca clinica, potrà far progredire lo sviluppo di moderne strategie», ha aggiunto Claudio Cortese, ordinario di biochimica all'università di Roma Tor Vergata.
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