«Ci impegneremo, ascolteremo e ci consulteremo. L'America ha bisogno del mondo, proprio come il mondo ha bisogno dell'America». È stato il vicepresidente Joe Biden, ieri al suo esordio all'estero nella veste di numero due della Casa Bianca, a illustrare agli alleati quali saranno le linee guida della politica internazionale dell'amministrazione Obama. E il sessantaseienne senatore del Delaware, forse meglio noto "in casa" per le sue gaffe, ma universalmente apprezzato per la profonda esperienza dei temi della Foreign policy, ha mandato innanzitutto a dire ai Paesi amici che l'America non sarà più la Fortezza arroccata e chiusa a riccio di George W. Bush.
Biden, intervenendo alla conferenza internazionale di Monaco di Baviera, ha infatti subito affermato di essere venuto in Europa «in rappresentanza di una nuova amministrazione determinata ad affermare nuovi toni a Washington e nelle relazioni dell'America con il mondo». Però ha anche aggiunto una sollecitazione «a fare di più», rivolta ai Paesi amici. Promettendo a sua volta che l'America stessa, per prima, farà di più.
Messe così bene in chiaro le premesse, il numero due della Casa Bianca è poi sceso nel dettaglio, passando a esaminare uno a uno tutti i temi più caldi del momento. Partendo dalla pagina dolente del carcere di Guantanamo. Pagina scritta com'è noto dalla presidenza Bush, nonché pagina particolarmente vergognosa per una grande democrazia come quella americana. Confermando l'intenzione già annunciata da Obama di chiudere al più presto questo brutto capitolo, Biden ha colto anche questa occasione per riaffermare il concetto della condivisione di responsabilità con gli alleati.
«Chiederemo che ognuno si assuma la responsabilità per coloro che sono al momento nel carcere di Guantanamo, visto che siamo determinati a chiuderlo», ha detto. E proprio a ribadire il nuovo punto di vista di Washington, ha aggiunto che, dal momento che «condividiamo la sicurezza, di conseguenza suggerisco con rispetto che venga condivisa anche la responsabilità nel difenderla».
Sull'Iran, il vice di Obama ha confermato di non escludere una trattativa con il regime del dittatore Ahmadinejad, intenzione espressa del resto dal primo inquilino della Casa Bianca proprio nella sua prima intervista da presidente, concessa non a caso alla rete televisiva Al Arabiya. Unapertura di dialogo, quella con Teheran, ha chiarito Biden, che va intesa sulla base di una «chiara scelta» tra pressioni e isolamento o «incentivi significativi».
Poi, la questione dell'Afghanistan. Altro angolo del mondo che ha offerto al vicepresidente il destro per sottolineare ulteriormente il nuovo verbo di Washington nei confronti dei propri partner. Insieme con gli Stati Uniti, ha detto, «gli alleati si prendano la responsabilità di una nuova strategia» a Kabul e dintorni. Riferendosi a quello che oggi è il focolaio più pericoloso, Biden ha voluto ricordare il ruolo chiave rivestito dal Pakistan e ha invocato la cooperazione tra Nato e Russia «per sconfiggere Al Qaida e i talebani».
Parlando della Nato, il vicepresidente americano ha auspicato una migliore dotazione dell'Alleanza occidentale auspicando inoltre un maggiore coinvolgimento della Francia. Quanto alle relazioni tra Usa e Russia, proprio alla vigilia dell'incontro previsto per oggi con il vicepremier Sergei Ivanov, Biden ha affermato che gli Stati Uniti continueranno a sviluppare lo scudo antimissilistico a condizione che esso sia efficace, sostenibile come costi, nonchè in concertazione con Mosca. In proposito, ha detto, è arrivato il momento di rivedere i rapporti con quel governo. «Non saremo d'accordo su tutto, ma potremo lavorare insieme lì dove gli interessi coincidono. E coincidono su diversi punti», ha precisato.
Ultimo argomento, il più attuale e del resto sempre attuale nodo della questione israelo-palestinese.
Prima di concludere, un cenno anche al ruolo dell'amministrazione statunitense come "esempio" nella lotta al cambiamento climatico. Su questo punto l'America, ha detto il vice di Obama, «agirà in maniera energica».
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