È meglio precisare subito che il Consiglio d’Europa è un (costoso) baraccone che con l’Europa, intesa come Comunità europea, non c’entra niente. Aggregato di 47 Stati fra i quali San Marino, Andorra e la pressoché totalità di quelli rampollati dalle ceneri dell’Urss, si limita a sfornare raccomandazioni e proporre iniziative non vincolanti e che pertanto lasciano il tempo che trovano. Attuale commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa è l’ex segretario generale di Amnesty international, lo svedese Thomas Hammarberg. Costui è l’autore di un rapporto che denuncia, come discriminatorie e pertanto lesive dei diritti umani, talune terminologie riferite al fenomeno della immigrazione.
In pratica, mister Hammarberg esorta a non chiamare più clandestini i clandestini ed anzi, chiede con baldanzosa insistenza che dal vocabolario spariscano le parole «clandestino» e «clandestinità». Questo perché, spiega mister Hammarberg, definendolo clandestino si criminalizza il clandestino medesimo e «la criminalizzazione delle migrazioni è una risposta inadeguata a un fenomeno sociale complesso». Non basta: «Criminalizzare l’entrata e la presenza irregolare dei migranti in Europa lede i principi sanciti dal diritto internazionale» e, questa è davvero forte, «genera ulteriore stigmatizzazione e marginalizzazione dei migranti».
Anche se fine a se stesso (ripeto: nulla di ciò che impapocchia il Consiglio d’Europa risulta vincolante), il documento resta una sorprendente e per certi versi demenziale testimonianza dei picchi di delirio cui può giungere il politicamente corretto, questa Lourdes linguistica dove male e sventura svaniscono con un tuffo nelle acque dell’eufemismo. Il rapporto non propone, infatti, alternative alla parola «clandestino». Sostiene semplicemente che sia soppressa così che, sopprimendola, sia soppresso anche il reato relativo. Spiega mister Hammarberg che essendo applicato esclusivamente a cittadini stranieri, quel reato, il reato di clandestinità, non solo «separa i cittadini europei dagli stranieri», ma comporta il carcere e «nessuno dovrebbe essere sottoposto a detenzione per il solo fatto di non essere cittadino di un certo paese». Qualcuno gli dovrà spiegare, con calma, che non è questione di discriminare questi o quello, ma che ci si introduce clandestinamente in un Paese solo a condizione di non esserne cittadino. Lo capirebbe perfino Di Pietro.
Essendo le balordaggini politicamente corrette come le ciliegie, una tira l’altra, mister Hammarberg ha voluto dire la sua anche sul «pacchetto sicurezza» varato dal governo italiano, definendo «particolarmente grave» l’incriminare, ma quel bel tomo scrive criminalizzare, ché fa più effetto, «i proprietari e i comandanti di imbarcazioni che portano stranieri senza documenti in Italia» e questo perché - ed ecco che si torna al pensiero delirante - «il messaggio che passa è che il contatto fra i padroni o comandanti delle imbarcazioni e gli stranieri senza documenti è rischioso e può portare a azioni penali». Quindi, per non turbare la serenità dei passeggeri i trafficanti di carne umana che traghettano sui loro gommoni o sulle loro carrette i clandestini dovrebbero godere della piena immunità. Neanche fosse, il loro sporco lavoro, un servizio sociale e benemerito. Il rapporto finirà, come è giusto, nel bidone della spazzatura, questo è evidente.
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