Sul piatto e smisurato biliardo dell’Iowa - verde di pannocchie ancora immature a primavera, giallo croccante d’estate e poi di un rabbrividente bianco ghiaccio durante gli interminabili inverni - a fare «filotto», colpo quasi sempre di buon auspicio per la vittoria finale, è stato senza alcun dubbio, e su tutti, il Partito Democratico. Perché al di là del successo indiscutibile di Barack Obama, e in campo opposto di quello del carneade repubblicano Mike Huckabee, è proprio lo schieramento politico dell’Asinello a vantare i numeri per poter legittimamente esultare al termine di questo primo tra i caucus elettorali in previsione delle convention prima e infine del voto presidenziale vero e proprio, il 4 novembre prossimo. I numeri, appunto.
Perchè in un Paese come gli Stati Uniti - dove tradizionalmente la partecipazione agli appuntamenti politici è quantomeno tiepida, e lo è ancor più in uno Stato «freddino» come l’Iowa - l’aver visto quasi raddoppiare l’affluenza dei propri simpatizzanti non può che essere di ottimo auspicio per quello che è il partito in attività più antico del mondo (fu fondato da Thomas Jefferson nel 1792) e nonostante ciò, per assurdo, anche il partito meno partito che esista: privo infatti com’è sempre stato di una sede centrale, di sezioni, di iscritti, e tantomeno di tessere. Resta il fatto che giovedì, nel granaio d’America, il Partito Democratico ha raccolto una sbalorditiva e probabilmente inattesa messe politica: 232mila votanti rispetto ai 125mila di quattro anni fa. Risultato che vale peraltro due volte doppio se si considera che i repubblicani, pur cresciuti in numero rispetto al 2000 (quando erano stati 87mila), sono risultati la metà dei democratici, non riuscendo ad andare oltre quota 120mila.
Tuttavia, se i numeri dicono che nel vittorioso schieramento liberal, più che l’eloquente vittoria di Obama con il 38% è il ritiro di due carneadi come Joe Biden e Chris Dodd, a fare notizia sia stata la bruciante sconfitta di Hillary Clinton - tradita dai giovani, ma quel che è peggio dalle donne - scivolata addirittura al terzo posto col 29%, cioè un punto sotto il ciuffo perfettamente ravviato di John Edwards, la vera novità arriva in realtà dalla casa repubblicana. Dove la vittoria di Mike - «Chi?» - Huckabee, ex predicatore battista, ex governatore dell’Arkansas, ma sempre in servizio attivo come populista e conservatore, non ha soltanto portato alla ribalta mondiale un outsider con un nome da scioglilingua che sembra rubato a un personaggio di Mark Twain,maha anche rimescolato le carte proprio nello schieramento dell’Elefante. Mettendo infatti in difficoltà, con il suo 34%, il secondo classificato Mitt Romney (25%), l’ex governatore del Massachusetts al quale il bell’aspetto, il sorriso hollywoodiano e le enormi disponibilità finanziare non sono bastate per incrinare le perplessità circa la sua conclamata fede mormone. L’exploit di Huckabee ha probabilmente rappresentato anche la mazzata definitiva per il terzo arrivato, Fred Thompson, che relegato al 13% ha visto confermare ancora una volta in politica quel suo ruolo di attore non-protagonista che ha peraltro contraddistinto la sua pur ricca carriera cinematografica. Per non dire dell’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, al quale i bravi agricoltori repubblicani dell’Iowa hanno riservato unmisero 3%.
Huckabee, però, stracciando Romney, avrebbe fatto un regalo almeno a un altro concorrente.
Quel John Mc- Cain, ex eroe di guerra, che i sondaggi sulle imminenti primarie delNewHampshire, martedì 8, danno per favorito. Se non peseranno i suoi 72 anni. Forse troppi, in questa America che sembra volere soprattutto volti nuovi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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