L’hanno ucciso perché piangeva per la fame

L’hanno ucciso perché piangeva per la fame

(...) Dunque non soltanto un raptus di follia improvviso dovuto all'assunzione di sostanze stupefacenti. Non un tragico «incidente» perché quel batuffolo è stato scaraventato da un alloggio a un altro, da un'auto di un amico della mamma all'altra, da un divano letto a un altro, da un pavimento all'altro. Piuttosto e purtroppo perché Ale non era altro che un bimbo come tanti. Con un sorriso come tanti. Bello come tanti. Indifeso. Anzi, tradito. Ingannato da quella che doveva essere, invece, la prima persona di cui si doveva fidare. Almeno per non «morire di fame». E a niente valgono altre mille giustificazioni. Dalla droga alla solitudine, alla sfortuna, alle amicizie sbagliate, alla mancanza di un posto di lavoro fisso. No. Tutte balle.
Ale è morto di incuria. Ale è morto per disinteresse. Per i giudici e per i legali di parte sarà importante stabilire chi lo ha scaraventato su una «superficie dura» e cioè probabilmente il pavimento, fracassandogli il cranio. Sarà importante stabilire chi gli ha fatto le bruciature di sigaretta. Chi gli ha dato dei pizzicotti. Chi lo ha morsicato. Insomma, chi lo ha seviziato e poi chi lo ha effettivamente ucciso. Sarà importante per la legge. Massimo rispetto. Ma se Ale fosse anche sopravissuto. Se anche non fosse mai stato sbattuto a terra perché piangeva per fame. Se anche fosse rimasto zitto e, quel tragico pomeriggio fino a notte, se la fosse cavata. Niente. Sarebbe prima o poi finita probabilmente così ugualmente. E se non fosse finita così verrebbe quasi da dire sarebbe finita ancora peggio. Drogato e disadattato pure lui come la mamma. Ma che Giustizia è quella che non è in grado di difendere i più piccoli. E arriva sempre in ritardo. E lascia correre. Anche se Caterina Mathas, è giusto ricordarlo, era segnalata per uso di sostanze stupefacenti. E mica da ieri. La polizia il suo lavoro lo aveva fatto. Tribunale dei minori dove sei. E soprattutto, cosa fai. La Costituzione in mano per protestare. I diritti sono anche quelli di un bimbo di otto mesi. Se non ci pensa la mamma a difenderti qualcuno più grande ha il dovere di farlo. E Servizio di assistenza sociale del Comune dove sei. E soprattutto, cosa fai. E la nonna di Ale. Ancora peggio.
Un testimone avrebbe raccontato che un paio di settimane prima di quella notte, in quello stesso appartamento, avrebbe sentito Rasero dare dei colpi in bagno e di averlo trovato mentre rideva con Ale nudo, con la testa bagnata, piangente in braccio. Il preludio. Il contesto. Il buonismo. Il «giustificazionismo». Scellerati tutti. Questo importa. Queste le cause. Questi i colpevoli.
Poco importa se la giovane hostess è uscita a mezzanotte e è rientrata all'una e trenta. Poco importa se l'ora della morte stabilita dal dottor Andrea Lomi e verosimilmente proprio in quell'arco di tempo. Poco importa se gli avvocati Paolo Costa e Igor Dante avranno successo e riusciranno a scagionare la mamma.

Poco importa se Rasero è tornato nel monolocale a Nervi per ripulire tutto. Poco importa se ha chiesto a Caterina di non dire che la morte di Ale era avvenuta a casa sua. Poco importa il risultato dei tabulati telefonici. Non si è fatto niente. Anzi, peggio, si è lasciato fare.

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