Gianni Pennacchi
da Roma
Passi per l«equivicinanza», concetto politico inusuale ma ugualmente peloso. Passi il suo proverbiale, seppur inconfessato, antisionismo. Passi pure che da sempre, dai tempi di Arafat e del suo Nemer Hammad a Roma, è un difensore ineccepibile della causa palestinese. Ma hezbollah no, sarà anche un «partito di dio» però alleva terroristi, lo sa luniverso mondo civile ma non Massimo DAlema, ministro degli Esteri della Repubblica italiana? E volete che vedendolo a braccetto con un deputato hezbollah, in una foto da Beirut, il ghetto di Roma tacesse?
Dire che la reazione della comunità ebraica romana a quella foto pubblicata sui quotidiani di ferragosto è amareggiata, indignata e adirata, è dir poco. Nella calura del solleone, al di qua del Tevere ha avuto un effetto raggelante, quasi una folgore rivelatrice che le parole più ragionate del titolare della Farnesina, il suo porsi come «mediatore» in questa crisi, son smentite dai comportamenti. Anche perché il giorno dopo quella foto al fianco di Hussein Haji Hassan e le dichiarazioni non proprio equidistanti (o «equivicine» se preferite) rilasciate a Beirut, al Cairo DAlema ha raddoppiato. Definendo una «disgraziata guerra» quella intrapresa da Israele e un «disastro politico» quello realizzato dal suo governo, perché «luso della forza e la guerra rafforzano lestremismo e danno nuova forza al terrorismo», con linevitabile conclusione secondo cui «Israele deve capire che non ci sarà sicurezza senza pace e che ora è giunto il momento di una pace giusta e vera».
Israele deve capire? Con hezbollah, Hamas, lIran, la Siria e chissà quanti altri che ne vogliono la totale cancellazione? «Gli ebrei guardano non solo con preoccupazione ma con indignazione alle dichiarazioni dal Medioriente di DAlema che non ha mai messo in evidenza che il nemico dei popoli amanti della liberta e della democrazia è Nasrallah», la guida del «partito di dio», tuona il portavoce e vicepresidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, additando il ministro degli Esteri «incredibilmente a braccetto con un ministro che rappresenta unorganizzazione nemica della pace e non solo di Israele!». E lungo e addolorato, il jaccuse di Pacifici, rimprovera a DAlema di non aver dimostrato «la stessa solerzia, durante il suo viaggio nello Stato ebraico, di andare a verificare di persona gli effetti dei missili di Nasrallah». Reazione «sproporzionata», quella di Pacifici? È intervenuto il presidente stesso della comunità, Leone Paserman, per stigmatizzare che «DAlema è il primo ministro di un Paese europeo, se si eccettua la Francia, ad aver appoggiato hezbollah, un movimento che non riconosce lo Stato di Israele e anzi persegue la sua distruzione».
È scesa in campo lopposizione, ma non solo, per appoggiare le critiche della comunità ebraica. Fabrizio Cicchitto avvertendo che «la linea anti israeliana» di DAlema «è un problema» anche per il governo, Carlo Giovanardi bollando «limpressionante aria di sufficienza» del ministro, Roberto Calderoli denunciando che il governo «si sta schierando dalla parte sbagliata, condannando chi è stato attaccato, facendosi fotografare a fianco di chi rappresenta il terrorisno internazionale». NellUnione silente si leva la voce di Daniele Capezzone dalla Rosa nel Pugno, che condivide «le critiche e le perplessità» degli ebrei romani, e teme che di quella «equivicinanza» enunciata un tempo da DAlema, ora «sia rimasta solo la vicinanza ad hezbollah».
Che il ministro degli Esteri sia quanto meno colpevole di un passo falso, lo conferma che nessuna voce autorevole si sia levata dallUnione in suo appoggio o anche semplice giustificazione. Lo han lasciato solo insomma, imbarazzati. Anche la Quercia, che è costretta almeno ad una difesa dufficio, ha mandato avanti dalla segreteria nazionale tal Marco Filippeschi per definire «ingiuste e ingiustificate» le critiche a DAlema. Non bastando, sè mosso poi in soccorso Umberto Ranieri per placare «linusitata asprezza» degli «amici della comunità ebraica».
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