nostro inviato a Maranello
Cè ultima cena e ultima cena. Ma quella di mercoledì sera a Maranello, Natale ferrarista, Natale dincontro e scambio di auguri fra la stampa sportiva e la Rossa, Natale di rompete le righe e giochiamo assieme, Natale di gustiamoci i tortellini in brodo e tomboliamo e vinci tu e vinco io, ecco è stata una cena che ha comunque regalato la sensazione forte e grande di poter essere lultima o - stiamo larghi - penultima cena di Luca di Montezemolo nei panni di presidente Ferrari, presidente tifoso, motivatore e spronatore delle truppe di rosso vestite. Perché la politica incombe, perché il grande passo del presidente è lì sulla battuta delle scale, si fa o non si fa, avanza sì o avanza no, perché in viso i ferraristi, a cominciare dal capo della Rossa in pista, Stefano Domenicali, portano stampata lespressione decisa e affamata e arrabbiata di chi deve vendicare le ultime due stagioni andate storte, ma anche che sto mondiale bisogna vincerlo in fretta perché chissà fino a quando Montezemolo ci farà da presidente. Chissà...
Una sensazione strana che ha permeato e avvolto il lungo pomeriggio trascorso a Maranello, meglio dire Fiorano, pista di casa. E questo nonostante il clima fosse scanzonato, tutti presi a provare il simulatore di F1 e in fondo a giocare assieme, giornalisti nei panni di piloti e ferraristi con la toga indosso pronti a giudicare perché «così avremo il filmino di voi che guidate in questa maniera bestiale e alla prima pagella che farete, ah vedrete...». Una sensazione strana resa ancor più palpabile per via della notizia di qualche ora prima, firmata proprio Montezemolo, Italia Futura, la lettera agli iscritti in cui ogni parola lasciava intendere la prossima discesa in campo del patron ferrarista. Una sensazione che da strana è diventata di leggero smarrimento una volta arrivata la correzione di rotta dettata dal presidente. Perché pensando alla cena fissata poche ore dopo chissà che cosa avrebbe detto a tavola, chissà se oltre a festeggiare i ventanni di presidenza del Cavallino Montezemolo avrebbe, massì, un po fatto capire tra le righe e un po salutato tutti quanti...
Macché saluti, macché far capire, però auguri natalizi sì, quelli tanti e sentiti come sempre. Di politica, invece, a cena, non ha detto. E in quel suo non dire, in quel sottolineare che «no, nella maniera più assoluta non cè nulla, è uninterpretazione forzata e invece volevo dirvi di F1... che Alonso è il più grande, che Button è da tenere docchio, che Massa non deluderà» cè tutta la portata di quanto prima o poi accadrà. Lo si è percepito dallemozione con cui Montezemolo ha commentato alcuni momenti dei suoi venti anni di presidenza, «ricordo quando mi veniva chiesta la testa di Jean Todt, ricordo che non si vinceva, ricordo che quando arrivai venivamo dalla cassa integrazione, vendevamo 2.300 macchine ed eravamo in 20 Paesi» e invece «ora ne vendiamo 7.300 e siamo in 57 nazioni». Uno snocciolamento di dati a cui il presidente ci ha abituati di anno in anno, lui sempre cortese nellinvitare a mangiare i tortellini in brodo «che si raffreddano intanto che parlo» e noi sempre scortesi nel disattendere linvito pur di non perdere parola sui taccuini. Però, stavolta, anche il solo ripercorrere quei successi economici Ferrari non è stata una fredda sequela di dati e cifre. Cera la partecipazione di un racconto, di una storia, magari di un punto e virgola da mettere, magari di un punto e a capo. O Montezemolo era stanco o Montezemolo era romantico o Montezemolo sentiva particolarmente questo momento ferrarista, quasi sapesse che magari così intenso, così partecipato, così dal di dentro non sarebbe più stato. Chissà...
Poi, certo, se prima della tombola natalizia fatta con numeri tutti legati ai successi (molti) e agli insuccessi (pochi) di questi ventanni di Gran premi, succede che i suoi uomini, la sua famiglia gli regalino un video che raccoglie il saluto di tutti i piloti che hanno corso per lui, allora è naturale che si emozioni e ascolti i video messaggi e che magari un po si tradisca.
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