L’inflazione torna a salire per colpa del petrolio E della ripresa economica

RomaIl 2010 si è chiuso con i prezzi in rialzo, in Italia e ancor più in Europa. I calcoli dell’Istat segnalano che nel dicembre scorso l’inflazione ha toccato l’1,9% contro l’1,7% di novembre. Il tasso medio dell’intero 2010 è stato pari all’1,5%, contro lo 0,8% del 2009. Nella media dei Paesi dell’euro, l’inflazione ha raggiunto in dicembre il 2,2%. Sia da noi in Italia che in Europa sono i livelli più elevati dal periodo novembre-dicembre del 2008.
Fin qui i dati complessivi. Ma che cosa è accaduto negli ultimi mesi tanto da giustificare il rialzo dei prezzi? Fondamentalmente, si sono verificati due eventi: il forte rincaro del petrolio e dei carburanti, che ha avuto impatto sull’intero settore dei trasporti e sui costi energetici; il risveglio, seppure parziale ed esitante, dell’economia. Le cifre non mentono: in un anno, dal dicembre 2009 allo stesso mese del 2010, la benzina è aumentata del 9,6% e il gasolio è rincarato addirittura del 14,5%. Inevitabile la ricaduta sul comparto trasporti, che in un anno ha visto rincari del 4,2%, e sulla voce elettricità e combustibili, aumentata in un anno del 3,5%.
Impossibile invece quantificare l’impatto della ripresa sui prezzi. Ma è evidente che se la produzione industriale cresce a ritmi soddisfacenti, qualche ricaduta sull’inflazione si riscontra sempre. La Confcommercio osserva che l’accelerazione dell’inflazione registrata in dicembre è comune a tutte le principali economie europee: ad esempio in Germania, il Paese che cresce di più, in un solo mese i prezzi sono aumentati dell’1,2%. E ricorda che il rialzo dei prezzi avviene dopo che, in novembre, la produzione dell’industria italiana ha fatto registrare un incremento del 4,2%. È importante, conclude a sua volta il ministro dello Sviluppo Paolo Romani, che l’inflazione italiana sia comunque sotto la media di Eurolandia, mentre in passato si verificava il contrario: «Siamo - dice - sotto un ragionevole livello di guardia».
Proprio ieri, Romani ha incontrato i presidenti dell’Ania (l’Associazione delle imprese di assicurazione) e dell’Isvap (l’autorità di controllo del settore), Fabio Cerchiai e Giancarlo Giannini, per discutere del problema dei rincari Rc auto. Si tratta di una delle tariffe che, negli anni, più ha inciso nella dinamica dell’inflazione. «Il governo ritiene inammissibile che il costo medio della Rc auto sia di 400 euro, contro i 200 del resto d’Europa», osserva Romani. Ministro e assicurazioni lavoreranno insieme con l’impegno di ridurre i premi di un 15-18% nel medio periodo. In vista anche la creazione di un’Agenzia, per contrastare l’alto livello delle frodi assicurative nel nostro Paese.
Andando a guardare i settori diversi da quelli energetici, vediamo che i rincari maggiori riguardano i libri di testo scolastici (+ 2,5% la voce «istruzione»), gli alcolici e le sigarette (+ 2,1%), mentre si mantengono sotto l’1% gli alimentari, l’abbigliamento e le spese per la salute. I prezzi agricoli sono cresciuti dello 0,9%. Rincaro dell’1,4% per i ristoranti. Aumenti annuali non eccessivi, ma che colpiscono in misura più grave le famiglie meno abbienti. Le associazioni dei consumatori stimano che l’impatto sulle finanze della famiglia media italiana sarà di circa mille euro per l’intero 2011. E i sindacati sollecitano il governo ad approntare una riforma fiscale che sostenga il potere di acquisto delle famiglie, a cominciare dai redditi più bassi.
Il fenomeno sta interessando l’intera area dell’Euro. Per la prima volta dalla fine del 2008 l’inflazione ha superato il limite del 2% indicato come sostenibile dalla Banca centrale europea. Potrebbero verificarsi impatti indesiderati sui tassi d’interesse? A detta degli esperti, non per il momento. L’inflazione al netto di carburanti e alimentari (i tecnici la chiamano core inflation) si troverebbe intorno all’1,2%, un livello ben lontano dall’obiettivo di stabilità della Bce.

È probabile che a Francoforte qualcuno storcerà un po’ il naso, ma i campanelli d’allarme sono finora rimasti in silenzio. La Bce dovrebbe quindi disporre di spazio a sufficiente per mantenere i tassi al minimo storico dell’1%.

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